Loading

Materialità dell'opera d'arte, Oggetto 9

Carla Lonzi[1968]

La Galleria Nazionale

La Galleria Nazionale
Roma, Italy

Fotocopia dell'articolo Tecniche e materiali, a cura di Carla Lonzi, Tommaso Trini, Marisa Volpi Orlandini, «Marcatré», n. 37/38/39/40, 1968; frammento di articolo dattiloscritto con correzioni manoscritte del dialogo con Pietro Consagra.

Show lessRead more
  • Title: Materialità dell'opera d'arte, Oggetto 9
  • Creator: Lonzi Carla
  • Date Created: [1968]
  • Transcript:
    TECNICHE/MATERIALI puo tanto prenderle per buone, per- ché sono poi quelle che determinano. Determinano la realizzazione e anche quella che si chiama fruizione, cioè lo scambio. Il medium è determinato proprio dalla tecnica operativa, e que- sto è un problema. Allora il problema si sposta dall'esperienza all'operazio- ne con cui può essere fatta l'espe- rienza. lo mi sono accorto per es. con i vetri: sí, io usavo questo materiale perché mi funzionava bene, poi mi sono accorto che pensavo una cosa e la pensavo con quel materiale. Con tutte le scuse. con tutte le ragioni possibili e immaginabili. Posso anche dire adesso che il vetro, per quel- l'operazione, era il miglior materiale, ma questo era relativo solo al mio pensare. Ora, quello che io volevo concretizzare poteva avere un limite proprio nel mezzo con cui veniva concretizzato. Perché si crea un mec- canismo tra mezzo e operatore che tante volte lo trovo é estremamente vincolante. Cioè quando vedo che uno continua per anni o per un periodo a usare un certo mezzo, temo che ci sia una sclerosi tra sé e quello che gli capita. Lavora sulle variabili: come il tecnico di officina il quale diciamo magari è un mago quando individua delle soluzioni per certe cose a cui altri non avevano trovato soluzione. Però non uscirà mai da un certo li- mitato settore di deduzioni o di SCO- perte. Lavora con maggiore o minore elasticità, però sempre nell'ambito di certe convenzioni o di certe abitudini metali. A me preoccupa molto questo fatto, cioè vedere come l'esperienza accumulata si trasformi in macchina operante, non so D. Si, questo è un dubbio cosi car- tesiano, proprio il dubbio massimo che può venire a proposito della rea- lizzazione di un'idea, ossia a propo- sito della tecnica, che certo dopo uno fa una piccola pausa. La posizio- ne più interessante, a questo propo- sito, mi è sembrata quella di chi av- verte il pericolo e cerca intuitivamen- te di ovviarlo il più possibile, ammet- tendo sempre che il problema sia ov- viabile... In realtà questo passaggio dell'operazione artistica è un tabú e come tale viene trattato. R. SI, d'accordo, pero rimane il fatto che accettare l'ovviabilità di una situazione senza porsi il problema ti riduce proprio a non ovviarla per niente. lo adesso sta facendo un'ope- razione propedeutica piú che altro. però c'è questo: senti che quando la cosa rimane li finita, definita, pro- prio questa sua ovvietà ti garantisce solo delle operazioni gratuite. Lavori solo in un certo contesto culturale e il contesto culturale alla fine deter- mina la cosa. Il problema è vedere che cosa ope- ra, in che cosa consiste realizzare una cosa. Forse il problema della tecnica è solo il problema del limite tecnico. Uno a un certo punto mette fuori una cosa, la estranea da se stesso, la rende portabile di qua e di là, la rende sfruttabile in un modo o nell'altro, la rende vendibile, la ren- de... E tante volte finisce cosí, cioè la tecnica operativa finisce col ridur- re la propria manifestabilità perché trovi che puoi manifestarti solo in un contesto in cui tale operazione sia sfruttabile. E allora vedi che ci sono delle tecniche operative, i postulati delle quali sono di un'ampiezza sba- lorditiva, poi si concretizzano in mo- duli di uno squallore sbalorditivo. Il problema tecnico può essere pro- prio questo, di riuscire a individuare uno sviluppo che non sia riducibile, Allora io non so, forse sono nel mo- mento peggiore per poter parlare in via concreta di uno sviluppo, perché ho tutto quest'anno dietro di tautolo. gie, sai, in cui si dice con questo si chiude, con questo si chiude..." spe- rando che a un certo punto veramen- te si chiuda, ecc. PIETRO CONSAGRA R. La mia scultura è frontale per- che nasce da considerazioni tecniche di semplificazione dal punto di vista costruttivo e dei materiali, ma soprat- tutto perché nasce dal concetto di Spazio Differente. Differenziare lo spa- zio frontale da quello centrale è stato per me una presa di coscienza dei problemi sociali, un mio modo di dire che non credevo in niente. Gli ele- menti plastici ridotti al piano, ad una semplice sovrapposizione di piani so- no stati la conseguenza tecnica del mio rifiuto alla plastica modellata ri- solvendo con la minima spesa una scultura fatta di metallo leggero, stri- sce di legno o di ferro. D. C'è uno squilibrio tra le esigen- ze del tuo lavoro e quello che l'in- dustria ti fornisce? R. Sono per l'informazione continua dell'artista con quello che la SO- cietà offre da un punto di vista tecni- co, sia riguardo ai materiali, sia ri- guardo ai metodi di lavoro. Questo è un fatto di cultura, non un fatto di competizione: su un piano di compe- tizione mi pare che un'opera d'arte sia sempre abbastanza fallita rispetto alla produzione dell'industria. Una galleria che espone opere di un certo tipo è un ambiente misero rispetto a uno stabilimento industriale. Tuttavia spesso un artista richiede all'industria dei materiali o degli strumenti che ancora questa non riesce a fornirgli. lo, ad es., richiedo dei materiali leg- geri, facilmente saldabili, a cui appli- care un colore che non deperisca fa- cilmente. Aspiro a un materiale che si regga in piedi da sé, sottile come un foglio di carta, lo mi affanno con- tinuamente tra quello che cerco di produrre e le possibilità effettive che mi danno oggi sia le macchine che il materiale. Faccio il possibile per adeguare continuamente il materiale alle mie idee, posso dire che faccio il massimo sforzo. Ma non posso dire di essere ben servito dall'industria. Quindi da un punto di vista tecnico la società e l'opera d'arte si trove- ranno sempre squilibrati perché l'ar- tista ormai chiede sempre un'altra cosa. D. ze. Tuttavia esistono delle influenze. R. Io credo che l'artista oggi è in- fluenzato, più che dal prodotto in- dustriale, da tutti gli aspetti organiz. zativi della società tecnologica. Ma la sua ambizione rimane quella di fare da elemento equilibratore. Ora questo lato equilibratore è un atteg- giamento molto moderno e anche drammatico perché è continuamente messo in crisi dalla necessità di an- dare sempre oltre quello che già è stato fatto. Quindi come etica rispon- de alla corsa del mondo tecnico dal punto di vista delle sue stesse leggi. In questo l'artista è ormai dentro 77
    Hide TranscriptShow Transcript
La Galleria Nazionale

Get the app

Explore museums and play with Art Transfer, Pocket Galleries, Art Selfie, and more

Home
Discover
Play
Nearby
Favorites