F. è pittore, come talento naturale, schiettamente toscano; per intendersi,
nel senso assai lato instaurato in pittura da un Rosai, un soffici e, per le
cose toscane, da un Carrà. E sempre nell'ambito di quel talento naturale, è
un realista; di più, sembra uno dei pochi che scamperanno alla crisi del neo=
realismo senza risentirne. Il neorealismo ha lavorato in lui in senso posi=
tivo.
F. è difatti un paesaggista - anche quando non si limiti in tutto al sempli=
ce paesaggio; ma i suoi paesi sono sempre terra lavorata, passata sotto la
mano dell'uomo e come quella mano gliela ha potuta restituire: dalla costru=
zione massiccia che ne fa al tono dei colori; rappresi, squadrati, passati
a un vaglio. Oppure si tratta di terre lavorabili, misurate come tali quando
ancora l'uomo non vi sia intervenuto. E' questa la differenza di 1. dai ca=
piscuola: un paesaggio, ed il lavoro umano, la fatica che vi è dentro, farlo
risultare un altro mezzo di paesaggio, sfumarlo verso l'orizzonte ( Softici,
ad es.; le strade di Rosai); restaurare in qualche modo la bella natura.
Oppure, il lavoro in quanto ha trasformato quella warum natura e l'ha squa=
drata, condiziona la stessa maniera di sentirla: ed è la costruzione a mas=
se dentro l'orizzonte, che è propria di T. Con quel tanto di greve e pesan=
te che il lavoro umano, o almeno un certo lavoro, si porta dietro; e che
pure 1. porta con sé seguendo il peso e la struttura con cui l'uomo gli pre=
senta lavorato l'orizzonte.
In questo, dunque, egli si trovava per natura in accordo con certe esigenze
del neorealismo: in una maniera più fonda che per ragioni di bottega. Era
il suo stesso sentire " che gli veniva presentato.
ilor problema
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