Nella quarta sala del Museo ci sono ritratti di artisti dell'Ottocento, tutti uniti dall'appartenenza scaligera. Al centro il famoso
dipinto di Angelo Inganni con la Scala illuminata dal sole e ancora (siamo nel 1852) affacciata su una via stretta, perché solo nel 1858 venne ricavata la
piazza davanti al Teatro. E’ il quadro che più di ogni altro simboleggia le nostre collezioni. E’ la Scala come l’hanno vista i grandi operisti
dell’Ottocento: Rossini, Donizetti, Bellini e il giovane Verdi. La parete di destra della sala è, appunto, tutta verdiana: un ritratto del compositore
eseguito da Achille Scalese, la cantante Giuseppina Strepponi, l'impresario Bartolomeo Merelli, che offrì al giovane Verdi il libretto e l'occasione di
rappresentare alla Scala Nabucco. In alto a destra Ernesto Cavallini, clarinettista fratello del più celebre Eugenio. Come suo fratello (che fu primo
violino per più di 20 anni), suonò nell’orchestra della Scala e insegnò al Conservatorio. Il suo posto è qui accanto a Verdi perché il compositore scrisse
proprio per lui la parte di clarinetto alla prima di San Pietroburgo de La forza del destino, nel novembre del 1862.
Sotto il ritratto di Verdi la spinetta che il suocero Antonio Barezzi (suo primo mecenate) gli regalò nel 1832 a Busseto. La vetrina centrale conserva gioielli, oggetti di scena e omaggi principeschi come lo spadino appartenuto a Napoleone I, offerto a Giuditta Pasta, immortale protagonista di Tancredi (opera della
quale l’archivio del Museo custodisce in caveau la partitura autografa) a Parigi nel 1823.
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