pausa d'un esame impone anche la comunque d'un giu.
N. 9
L'INDICE
DEI LIBRI DEL MESE
Il Documento
La storia che giudica
di Carlo Dionisotti
Questo testo fu scritto a Roma, subito dopo la morte di
Gentile, sotto lo pseudonimo di Carol Botti da Carlo Dioni-
vi quaderni di Giustizia e Librazio giugno 1944, dei Nuo
". I giudizi qui espressi NON
rappresentano, nel dibattito che allora si apri tra gli antifasci
sti, la posizione del Partito d'azione, in cui Dionisotti milita
19. ma quella di una sua parte, soprattutto piemontese. Lo si
pubblichiamo, con il consenso dell'autore, che ringraziamo,
perché ci sembra che sia tuttora il migliore contributo al dibat
tito in corso oggi. Sono stati fatti pochi tagli, indicati dai pwn
tine di sospensione.
La fine violenta di Giovanni Gentile non è più che un epi-
sodio che :
la
dizio da parte nostra
E anzitutto, per intendere la situazione politica attuale, a
chi ancora non l'abbia intesa, un monito chiaro. Per anni il fa-
scismo ha giocato senza rischio né ritegno con la giustizia e la
libertà e la vita stessa degli uomini, sistematicamente elimi
nando gli avversari, popoli e individui, e alla crudeltà dei fatti
aggiungendo l'irrisione delle parole: «pietismo è parola che il
fascismo per l'appunto ha innovato con una significazione me-
morabile anche quale documento della ignoranza sua presun-
tuosa e massiccia fino al grottesco. Ora il gioco è finito, e si
combatte un duello ad armi eguali su d'un terreno chiuso e
stretto che non dà scampo né di spazio né di tempo. Le parole
non hanno più suono, la discussione e proscritta, proteste o
preghiere non valgono. Urgono tutt'intorno le rovine e le in-
giurie del passato, e sopra, di ora in ora, si cumulano quelle
presenti e nuove, come in uno scavo febbrile. Cosi lo spazio si
stringe, e da una parte o dall'altra bisogna morire. Anche il di-
ritto alla vita, una volta che sia stato messo in questione o ne.
gato, non regge più che sulla forza. Il fascismo porta la respon
sabilità di aver negato nel nostro secolo, entro o contro la ci-
viltà moderna, il diritto di vivere a uomini avversi o anche solo
diversi. Pertanto chi sta col fascismo condivide, chiunque esso
sia, quella responsabilità, e partecipa del destino di violenza e
di sangue che ne consegue.
Questo Gentile doveva sapere. Ma eta, oggi come ieri, una
consapevolezza incomoda, inquietante, e Gentile era uomo
alieno ac per abito da ogni inquietudine. Volentieri
che una norma acquisita nel corso di una fortunata esperienza ,
lui che faceva
il suo nome
alla storia della speculazione, mancava in realtà quel che la più
alta e strenua ricerca spirituale propriamente richiede: l'ansia,
l'indugio, il travaglio del dubbio: l'amore e la sofferenza della
solitudine. Ed era invece potentissima in lui l'alacrità espansi-
va, solare, cordiale del lavoro umano, del lavoro che s'impianta
su solide e semplici basi, e cresce e si sviluppa incontrando s
difficoltà, ma non mai insopportabili, tali si da imporre devia-
zioni e rinuncie, ma senza che il rammarico si prolunghi e
adombri la soddisfazione dell'opera come che sia compiuta.
Se è vero che negli ultimi anni la vita in lui del pensiero si
era come estinta e la persona e il nome sopravvivevano alla dor.
trina, è probabile però che anche di quel pensiero, di quella
doutrina il giudizio equo della storia finirà per ridurre l'impor-
tanza entro limiti angusti, nell'aneddotica dell'idealismo. Il
proprio modo del suo filosofare è stato un dare di piglio a pro-
blemi già da altri posti ed elaborati fino a renderne parvente la
malceria complessità e arrischiare con franchezza di mano
grossa e robusta e spesso con fortuna la soluzione estrema, net
ta di ogni strascico e di ogni presentimento delle interferenze e
degli sviluppi successivi. Anche nel pensiero di lui cioè quella
prevalenza stessa della volontà, quell'intuito del tramite più
ovvio e spedito per uscire dal chiuso alla ricerca alla pubblicità
chiara e feconda della formula conclusiva. Nella quale del bre-
ve e risoluto sforzo si riposava e appagava, e ne seguiva serena-
mente la eco intorno a sé, attendendone dal ripensamento e
dall'elaborazione degli altri le conseguenze, fino a che queste
siriannodassero in nuovi problemi sui quali esercitare di nuovo
egli stesso, intervenendo in buon punto, il suo sforzo. Cresciu-
to a una scuola di ricercatori pazientissimi, di artigiani probi e
lenti della cultura, se ne era prontamente staccato, non per di-
sdegno, ma per aver compreso che quella ancor ingenua e di-
spetsa fatica, disinteressata molto spesso fino alla sterilità ed
una sua grande e grandiosamente organizzata e proficua indu.
estranea comunque al suo temperamento, poteva convertirsi in
stria. Di qui appunto, in contrasto netto con la pertinace curio
sità erudita di Croce, ispirata alla fede romantica nell'esercizio
personale della ricerca, nella conquista di se stesso attraverso la
storia, l'astinenza sempre più rigorosa di Gentile, dal-
la filologia del suo noviziato, dalla problematica stessa della
sua maturità. E d'altro lato, e in contrasto anche qui con la so-
litudine sempre più alta e risentita di Croce, a prescindere an-
che dalle contingenze e convenienze politiche, i facili incontri
di Gentile, la collaborazione intorno a lui e con lui molteplice
e sempre nuova, l'attraenza della sua sollecita e sollecitante
cordialità, a dispetto d'ogni riserva sulla posizione morale e
politica da lui assunta
Posizione equivoca a giudizio di tutti: in realtà, come la vi-
cenda suprema ha dimostrato, d'una estrema lineare sempli-
cità. Cosicche dell'Italia fascista, quando il momento sarà ve
nuto di farne la storia, Gentile apparirà senza ombra di dubbio
uno dei rappresentanti maggiori e più tipici, e per cio stesso
più responsabili
Che al fascismo egli dovesse in un primo tempo aderire, da
quanto sopra si è detto del suo temperamento, risulta eviden-
te. Altri, che naturalmente erano tanto più cauti e assuefatti a
rigorosi e sottili giudizi, aderirono come lui o non si opposero.
Per lui, nel colmo di una crisi di stanchezza e disordine e vel
leità e bisogno
rinnovamento della vecchia Italia, era il ri-
chiamo a un'azione risolutiva, la possibilità di uscire dalle am-
bagi insistenti, di superare le difficoltà di un balzo, di pro
muovere e potenziare una organizzazione nuova, più moderna
e vasta e fruttifera. Era la sua impresa, e del resto una impresa
che metteva conto di essere tentata; vero e che nella società co-
stituita a quello scopo c'era confusione molta, e molti vi parte-
cipavano uomini di dubbie o fin troppo chiare origini, ma
Gentile sapeva bene che cosi appunto va il mondo, e chi non
soffre compagnia se non di santi, ha da restarsene in chiesa, ne
forse è clausura che basti. Aderendo e mettendosi animosa-
mente all'opera, egli sapeva naturalmente quale e quanto fosse
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