Il sacerdote Giovanni Maria Grancini (1746-1806) lascia all'Ospedale due terzi della propria sostanza, a patto che vengano rispettate le sue ultime volontà, tra cui c'era la proibizione di commemorarlo col ritratto. Non volendo rinunciare alla consuetudine, ma temendo un possibile trasferimento dell'eredità al Luogo Pio Trivulzio, previsto dal testamento in caso di inadempienze, i deputati richiedono un permesso scritto per derogare. Benché non esistano documenti precisi sul nome del pittore cui il ritratto è commissionato, le caratteristiche stilistiche lo fanno attribuire a Filippo Bellati, allievo di Andrea Appiani e buon frescante, che esegue nove opere per la quadreria, anche perché il nome di questo artista viene citato in occasione di un restauro del dipinto. Il viso del benefattore ha una leggera sfumatura d'arguzia; sul tavolo "habillé", su cui poggia anche il testamento, si vede un orologio dorato di gusto "rocaille": il sacerdote, collezionista appassionato di "orioli a cariglione", lascia un conto salato da pagare all'orologiaio Placido Silva, a saldare il quale provvede l'Ospedale.
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