Su L'Espresso trovo la risposta di Pannella a Pasolini. Qui sono tutti cat
tolici, tutti con la smania della figura taumaturgica. Pannella è anche
subdolo, Ribatte dolcemente a Pasolini, lo chiama "uomo e compagno pro-
fondamente buono". Ma siamo impazziti, chi è quel Gesù Cristo che può
dare queste patenti? Però poi Pannella allude a un suo coito frarmisto a
parabole ecologiche, e questo funziona da risposta implicita alla pero-
razione pasoliniana sulla crisi del modello sessuale. Pannella è abbastan-
za forte e sulla cresta dell'onda (la lotta per la depenalizzazione dell
aborto è "sua") per non polemizzare, per mostrarsi magnanimo. Da questa
tattica la sua figura esce nobilitate, e lui lo sa, non può non saperlo,
cosi come l'allusione mirabile alla scopata fornisce in sordina la chia-
ve del personaggio. Ecco il mondo maschile nella sua oleografiea, edifi-
cante versione che nessuno, nessuno può smascherare.
In R.F. ho rischiabo di essere la salvatrice della situazione se Ritva e
le altre non mi avessero messa sull'avviso. Ma è poi vero questo? Oppu-
re non è stato il mio bisogno di verità a rendermi sensibile ai miei stes.
si dubbi appena ho potuto vederli riflessi in un'altra? Possibile che la
realtà non abbia offerto a Pannella gli stessi appigli? Oppure è vero
che un uomo con il senso di una missione da compiere è cosi cieco da da-
re la precedenza alla missione, piuttosto che a se stesso?
Caro Pasolini, soprattutto non devi credere che un difensore come Ori-
glia sia gradito alle femministe. Per noi è una sciagura, come sempre
lo sono stati i presunti alleati del movimento. Adesso siamo noi a sce-
gliere i compagni di strada, tu volente o nolente lo sei perchè fai gli
stessi nostri errori e hai le stesse nostre aperture. Origlia no, è un
energumeno della falsa coscienza, un travisatore, un mediatore peggiore
dei nemici. Perchè ci usa come pretesto, come scudo, per attaccare indi-
rettamente i suoi nemici. E questa è la situazione peggiore, più equi-
voca che ci potesse capitare.
8 febbr. Sulla porta di una taverna in cui lavoro come garzona ecco farsi
si avanti Amedeo Nazzari con altri uomini, il viso coperto di fango se-
miasciutto. Entrano nel cortile che dà sulla taverna: c'è li xtat
una fontana barocca, un testone che esce dal muro molto ben illuminato.
Nazzari si distende, dal viso il fango è scomparso, parla con gli amici
che forse qui è il caso di ambientare un film. E' gentile con me.
Una donna per strada mi ferma e mi affida una ragazzina che deve andare
al centro a spedire una lettera e non sa prendere il tram. Mi chiedo chi
è questa ragazzina, e poi vedo che ha una sorella gemella. Questo mi rag
sicura, sono tutt'e dine ridenti e birichine. Poi siano in una piccola
automobile dirette verso il centro, una donna è al volante: guardando
di lato vedo con orrore una specie di enorme grattacielo che si inclina
visibilmente tra le case come se stesse crollando, lentamente, ma ineso-
rabilmente. Non credo ai miei occhi, torno a guardare, e sono allibita,
poichè il grattacielo è adesso molto piu vicino, quasi incombente, ve-
do le sue fondamenta andare in briciole come al rallentatore, la torre
è cosi inclinata che tra un attimo precipiterà al suolo con un fragore
inimmaginabile. Adesso capisco anche l'origine di questa frana: infatti
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