Si tratta dell’ultimo saggio di quella numerosissima serie di interni dell’Ospizio Trivulzio, che prende le mosse da Ultimi Giorni (Milano, Galleria d’Arte Moderna) del 1883. Questa serie non costituisce per Morbelli soltanto uno struggente poema della vecchiaia, ma un motivo pittorico in cui l’artista vede un coerente sviluppo del principio di verità, anche dopo la completa adesione alla nuova tecnica divisionista. In questo senso Morbelli, nella sua oggettiva applicazione del prinicipio scientifico della scomposizione prismatica dei colori, è certamente più coerente e studioso di Pellizza e , ancor più, di Segantini e di Previati. Questo suo primato tecnico e scientifico, esemplificato dalla minutissima tessitura di colori puri che anima il dipinto, dall’intensa luminescenza del raggio di sole che investe i poveri banchi dell’istituto, tuttavia fu giudicato all’epoca eccessivo anche da Grubicy determinando una certa sfortuna critica.