L’arte di Claudio Parmiggiani sposta l’attenzione dal linguaggio figurativo al contenuto insito nell’opera, trasponendo modi e forme in una dimensione metafisica, su cui si innesca un senso di sospensione delle cose e del tempo. Il mondo raffigurato dall’artista in bilico tra realismo e astrazione trova nei cieli, stellati e non, realizzati verso la metà degli anni Settanta, la rappresentazione concreta dell’idea di infinito: De Sphaera, 1974; Phisiognomia Coelestis, 1975; La salita della memoria, 1976; Ab Olympo, 1977, Le tableau ivre, 1978. In questi lavori il punto di vista privilegiato per la volta celeste è portato dalla visione verticale a quella orizzontale, offrendo la visione cosmogonica dell’artista, calibrata da delicati equilibri geometrici. Ab Olympo, in particolare, descritta dallo stesso artista come “una tela infinita venuta dall’Olimpo”, indica già nel titolo - la scritta è visibile nel cortile della Casa del Mantegna a Mantova - una delle fonti d’ispirazione che attraversa tutta la produzione artistica di Parmiggiani: l’arte classica. In quest’opera, le suggestioni offerte dalle concezioni architettoniche dell’artista rinascimentale, dal cortile cilindrico racchiuso in un corpo di fabbrica quadrato, alla volta dipinta della Camera degli Sposi nel castello di San Giorgio, mostrano l’attenta interpretazione filologica svolta da Parmiggiani. In Ab Olympo l’artista inscrive, in un anello di tela bianca, un’iride azzurra a rappresentare un cielo “reale”, velato da sottili sfumature chiaroscurali. Un oculum oculo, un occhio nell’occhio, atto a sottolineare i confini della soglia fisica dell’opera, che invita al passaggio mentale dal microcosmo ordinato dell’uomo-spettatore, al macrocosmo della volta celeste