Raqs Media Collective
Jeebesh Bagchi, nato a Nuova Delhi, India, nel 1966.
Monica Narula, nata a Nuova Delhi, India, nel 1969.
Shuddhabrata Sengupta, nato a Nuova Delhi, India, nel 1968.
Vivono e lavorano a Nuova Delhi.
Il Raqs Media Collective ha sede a Nuova Delhi ed è stato fondato nel 1992. È ritenuto uno degli studi più dinamici e lavora sia a livello internazionale, sia nel contesto culturale indiano. I suoi membri – Jeebesh Bagchi, Monica Narula e Shuddhabrata Sengupta – collocano concettualmente il loro lavoro nel campo della storia delle idee, delle tradizioni mitologiche, della filosofia politica, delle indagini teoretiche e delle narrazioni che percepiscono nell’ambiente che li circonda, come fossero un’“acustica del presente”. La parola “raqs” nel nome del gruppo ha due significati: in persiano, arabo e urdu, raqs si riferisce a uno stato di meditazione vorticoso, ma è anche acronimo di “Rarely Asked Questions”, domande che vengono poste raramente. Agli esordi il collettivo si dedicò in particolare alla realizzazione di documentari, ma ben presto cominciò ad assumere una serie di ruoli sovrapposti: artisti, curatori, educatori, scrittori-editor e registi teatrali. Nel 2000 il Raqs Media Collective contribuì a fondare il programma Sarai, presso il Centre for the Study of Developing Societies di Delhi, e la serie “Sarai Reader”, due iniziative pionieristiche.
Alla Biennale di Venezia, Raqs Media Collective presenta una serie di nove sculture sparse per i Giardini: il titolo del loro progetto, Coronation Park, fa riferimento al luogo di Delhi dove, nel 1911, re Giorgio V e la regina Mary furono incoronati imperatore e imperatrice dell’India, la cosiddetta “Delhi Durbar” (Corte di Delhi). Il progetto di Raqs, tuttavia, priva le statue reali del loro ruolo nella drammaturgia del governo globale.
Ciascuna delle nove statue di Coronation Park rappresenta uno di questi personaggi storici ed è accompagnata da una targa con una citazione da Shooting an Elephant, un saggio scritto dall’inglese George Orwell mentre prestava servizio come ufficiale della polizia imperiale nell’India coloniale e in Birmania. Vera metafora dell’imperialismo britannico, il saggio presenta il punto di vista di Orwell, ovvero “quando l’uomo bianco si fa tiranno, distrugge la propria libertà”.
Al di là delle implicazioni politiche e sociali, tuttavia, queste sculture si crogiolano nella volgare materialità dell’autorità gerarchica. Realizzate in bitume (un catrame derivato dal petrolio) e paraffina (una cera a base di petrolio), sono un’allusione alla diffusione di un’economia basata sugli idrocarburi e all'appetito insaziabile del capitalismo globale. In questo modo, inoltre, le statue impongono nel giardino le molte stratificazioni di un passato continuamente riscritto e i suggerimenti di un futuro possibile, eppure incerto, fra un’immaginazione distopica e una operosa. I membri di Raqs Media Collective hanno dichiarato: “Coronation Park è una provocazione per far riflettere sulla vita interna al potere e sulla sua paura più profonda: il timore dell’abdicazione”. Qui il continuum della storia moderna viene messo in luce non come “residuo”, ma come presenza vuota di soggetti parziali.
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