Robert Smithson
Nato a Passaic, USA , nel 1938; morto ad Amarillo, USA , nel 1973.
Robert Smithson, artista e scrittore americano attivo negli anni sessanta e all’inizio degli anni settanta, è conosciuto forse soprattutto per i suoi cosiddetti earthwork. Smithson mori tragicamente in un incidente aereo nel 1973, a 35 anni, mentre stava facendo dei rilievi in Texas per il sito del suo nuovo earthwork, Amarillo Ramp. La sua eredità vive ancora oggi grazie al profondo pensiero filosofico alla base dei suoi earthwork, un termine che aveva adottato nel 1967 per distinguere le proprie opere da quelle di altri land artist. Il nome è un riferimento al titolo di un romanzo di fantascienza di Brian Aldiss che parla di un mondo distopico. Negli anni sessanta, Smithson cominciò a occuparsi della crisi della storia, rimpiangendo l’idea di progresso scomparsa dopo la seconda guerra mondiale. Mise inoltre in dubbio i limiti della percezione umana, condizionati dalle immagini in prospettiva, e cominciò a leggere libri sullo spazio-tempo, la quarta dimensione. Questa incessante ricerca lo portò a esplorare il mondo materiale e la sua tendenza entropica, ovvero quella di passare dall’ordine al disordine, e queste indagini furono rivelatorie, sebbene cupe. Anziché sperare nel “progresso” grazie ad azioni rivoluzionarie, Smithson provò a immaginare ex novo la storia seguendo idee mutuate dalla geologia e dalla fisica, e giunse alla conclusione che la perdita e la frammentazione costituivano processi planetari inevitabili. A parere di alcuni, le opere d’arte che derivavano da questo sistema di credenze, fondato sui principi della decadenza, erano deprimenti. Le rocce e gli specchi che caratterizzano l’estetica di Smithson sembrano essere insensibili, annoiati e indifferenti alle lotte in corso contro la disuguaglianza sociale, la violenza politica e la devastazione ambientale. Ma dietro la critica filosofica di Smithson – quella dell’essere umano che lotta contro i processi entropici – c’è una penetrante condanna del regime politico esistente e della sua promessa di un futuro migliore. Smithson era costantemente interessato al dibattito politico, in particolare all’idealizzazione del West americano come la terra promessa della libertà e della prosperità. Nella sua opera, Smithson ha affrontato il tema dei meccanismi dell’impresa e dell’innovazione che diffondono sostanze tossiche e rovina lungo tutta la frontiera americana.
Dead Tree (1969/2015) è un’opera emblematica degli earthwork di Smithson. La presentazione alla Biennale di Venezia, insieme a una serie di altre sue opere, sarà la sua quarta ricostruzione. Ideata inizialmente per Prospect 69 alla Kunsthalle Dusseldorf, Germania, venne successivamente ricostruita a Brooklyn, New York (1997), a Stoccarda, Germania (1999), e a Oslo, Norvegia (2000). In base alle specifiche dell’artista, Dead Tree deve essere alto circa dieci metri e avere un diametro di trenta centimetri. Specchi a doppia faccia sono collocati fra i rami frondosi che si stanno seccando a caso e le masse di radici in disfacimento per comunicare un senso generale di dislocazione. Si tratta di un monumento alla rivoluzione nel campo del pensiero umano.