Chiusa l’esperienza bellica che l’aveva visto partire volontario convinto tra le fila dell’esercito tedesco e fare ritorno ancor più risolutamente pacifista, Dix nel 1919 è di nuovo a Dresda per iscriversi all’Accademia di Belle Arti e completare finalmente la formazione pittorica interrotta con lo scoppio del conflitto. Qui, dapprima fonda con Conrad Felixmüller e Lasar Segall la “Dresdner Sezession – Gruppe 1919”, si lega a George Grosz, Roul Hausmann, John Heartfield e Rudolf Schlichter, tutti artisti orientati verso il superamento del linguaggio espressionista in un’ottica compiutamente dadaista, quindi frequenta il pianista Erwin Schilhoff e il poeta Theodor Däubler, entrambi collegati alla scena Dada berlinese. In un mondo, e particolarmente in una nazione e società, quelle tedesche, in frantumi sparsi per aver perso la guerra, i dadaisti si proponevano di rincollarne i pezzi tramite un’operazione di chirurgia artistica e culturale. Di qui il ricorso al collage, motivo che rende questo dipinto cruciale per l’artista, essendo il primo a incorporare lo spirito provocatorio e l’anarchia pittorica tanto cari al Dada berlinese, segnando nel contempo per Dix il passaggio dal Cubofuturismo espressionista allo spirito dadaista. Su una tela di formato sì quadrato, ma da appendersi per uno spigolo secondo un uso programmaticamente non convenzionale - una sorta di “antiquadro” - fluttua la testa di un marinaio, dentro un oceano in cui galleggiano le memorie delle sue imprese picaresche in giro per il mondo. Il profilo del viso venato dall’arcobaleno mostra un sorriso canzonatorio a forma di luna crescente e il tatuaggio della Fortuna sul petto, mentre i suoi capelli sono costituiti dall’inserto di una vera mappa di Piesche, il quartiere di Dresda dove si trovava il villaggio dei pescatori da cui tradizionalmente si dice provenissero molti marinai e dove si trovava il König Albert Hafen, il porto indicato nella testa di Fritz Müller. Tutt’intorno vorticano, come in un flusso ininterrotto di pensieri, immagini evocative dei quattro angoli della terra, in questo caso più assimilabili ai souvenirs dei turisti e ai tatuaggi dei marinai, a rinforzare l’intento antiartistico dell’opera. L’interesse per la figura del marinaio nell’opera di Dix di quegli anni, così come in Grosz, può leggersi in rapporto alla cronaca tedesca coeva: nel 1918 si registra, infatti, l’ammutinamento dei marinai di Kiel, in seguito alle voci che volevano l’intera flotta tedesca destinata a una missione suicida prima dell’armistizio dell’11 novembre, evento che fece detonare la rivoluzione con la conseguente abdicazione dell’imperatore e culminò nell’autoaffondamento di parte della flotta tedesca a Scapa Flow nel giugno del 1919, decisa dalla Marina pur di non consegnarsi al nemico. Questo dipinto potrebbe allora suonare come un beffardo necrologio all’eroe che fece la rivoluzione ma perse la nave.