Mariam Suhail
Nata a Rawalpindi, Pakistan, nel 1979.
Vive e lavora a Bangalore, India.
Mariam Suhail è cresciuta a Islamabad, capitale del Pakistan, e ora vive a Bangalore, il centro più importante dell’India meridionale per la tecnologia informatica. Le sue opere esplorano l’architettura della memoria individuale e, contemporaneamente, attraverso l’ambiente costruito, rivelano i contorni della memoria sociale e le ironie della vita quotidiana. Tramite il disegno, la scultura, video e lavori basati su opere letterarie, Suhail intreccia le trame appena percettibili delle città, le varie culture del cinema e il concetto di casa come spazio incompleto: in alcuni casi fisicamente dimenticati, eppure a volte riaffioranti come una sublime condizione di altrove.
I suoi protagonisti ricordano spesso i personaggi caricaturali inseriti negli story-board dei film di Bollywood o delle serie televisive pakistane, così popolari in India e in Pakistan. Eppure il racconto di Suhail mira a narrare e rintracciare l’“ordinarietà” dell’individuo, attraverso gesti, giochi di ruolo e composizione spaziale. Facendo riferimento ad “archetipi” come il manuale, la guida tecnica, i libri scolastici e gli story-board, sovverte il dominio della narrazione didattica, stratificandola con racconti immaginifici e umoristici, a volte adottando anche il ruolo di “narratore inattendibile”.
Nelle serie di opere più recenti, come Erring Hippodamus (2013), Suhail porta alla luce la fusione di un immaginario geologico con la complessa poetica dello sviluppo urbano. In questo caso l’artista esamina con attenzione i piani regolatori rintracciabili negli schemi planimetrici di Ippodamo da Mileto, l’antico ed eclettico urbanista greco. Suhail paragona alcune capitali imperiali, come la città di Sirkap costruita dagli antichi greci nel Punjab, a Islamabad, capitale del Pakistan dall’indipendenza. Curiosamente, entrambe le città furono costruite sulla stessa faglia geologica. Nell’opera di Suhail, lo schema planimetrico ritorna in forma di carta millimetrata e di labirinto di crocevia urbani, in cui l’artista evidenzia gli atti mancati nella trascrizione di forme costruite. Il suo approccio ironico rivela in modo più approfondito la pianificazione totalitaristica e le caratteristiche incerte delle infrastrutture che circondano le varie esistenze nelle metropoli di oggi. La linea e il quadrato rimangono attivi nell’opera di Suhail, cedendo alle sue istruzioni giocose che narrano lo spazio civico, nel formarsi dell’esperienza soggettiva.
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