Eyal Weizman sa che nessuna informazione è innocua; ogni fatto può comunicare una scelta deliberata, e quindi una possibile intenzione criminale. Per stabilire quali elementi possano fungere da prova nei processi per crimini contro l’umanità, Weizman utilizza in senso inverso la logica architettonica. La chiama “architettura forense”. E non è un caso che, secondo lui, il padre dell’architettura forense sia Robert Jan van Pelt.
Un esempio del suo lavoro è l’analisi di un video girato di nascosto durante l’esplosione di un edificio in Afghanistan, condotta per dimostrare che la distruzione e la morte di persone erano avvenuti in conseguenza dell’attacco di un drone (negato dall’esercito) e non a causa di materiale esplosivo manipolato dai ribelli (come invece l’esercito sosteneva). Tutto ciò che aveva a disposizione era quel video girato da una finestra. Attraverso le ombre dell’edificio, l’altezza della ripresa (che indicava quella della struttura dalla quale era stato girato) e i controlli incrociati con fotografie satellitari di varie città, è stato in grado di ricostruire l’impronta urbana e individuare l’edificio e la città dove era avvenuta l’esplosione. Sfortunatamente, nelle immagini satellitari un pixel corrisponde a una superficie di 50 × 50 cm. Non è una misura casuale: 50 × 50 cm è la grandezza dell’apertura prodotta da un missile su un solaio. Significa che una foto satellitare non è in grado di provare se sia avvenuto o meno un bombardamento. Un punto nero sull’immagine può essere semplicemente rubricato come “rumore”. 50 × 50 cm è anche la dimensione di un corpo umano visto dall’alto, dunque non è nemmeno possibile dimostrare se ci siano state vittime o feriti; di nuovo, i punti neri in un’immagine prima o dopo un’esplosione sono classificabili come “rumore”. Per Weizman l’unico materiale davvero utilizzabile, perciò, era il video girato dentro la stanza distrutta. L’apertura nel soffitto, in quel caso, era inconfondibile e innegabile. Il punto è che la stanza era al piano terra, dunque il missile aveva dovuto perforare due piani prima di esplodere. Conoscendo l’altezza di un piano e la velocità del missile, si può supporre che l’esplosione sia avvenuta soltanto dopo aver perforato i piani e prima di raggiungere terra, in modo da amplificare i danni. La distruzione doveva essere stata programmata, aveva richiesto un’ideazione e, di conseguenza, poteva essere ricostruita all’inverso per dimostrarne l’intento. Ma ancora più sconvolgente era che osservando i frammenti di missile sui muri, o più precisamente l’assenza di questi, si poteva risalire alla presenza di corpi umani.
Eyal Weizman presenta alcuni casi su scale differenti (il corpo, la città e il paesaggio) in cui l’architettura può partecipare, attraverso la sua logica, a discussioni di importanza capitale per il miglioramento della condizione umana, al di là dell’ambiente edificato.
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