Gino Severini - L’Europe malade (pannello Giampaoli)
Tempera su tela per vela, cm. 222 × 240
c. 1947-1948. Ufficio del Commissario Generale di Sezione per il Padiglione Italia. Nato a Cortona nel 1883, allievo di Giacomo Balla a Roma, Gino
Severini è uno dei maggiori pittori europei del XX secolo. Dopo
essersi trasferito a Parigi nel 1906, aderisce nel 1909 al Manifesto
del futurismo di Filippo Tommaso Marinetti. Negli anni
successivi fu intensamente attivo tra Roma e Parigi, dove entrò
in contatto con i più grandi artisti contemporanei tra i quali Braque,
Picasso, Gris, con i quali condivise la nascita del cubismo,
dando vita a una originale sintesi tra futurismo e cubismo (cubofuturismo).
Secondo la testimonianza di Romana Severini Brunori, figlia
dell’autore, il pannello in esame e il suo pendant (fig. 1 di
larghezza diversa), montati su differenti telai (D. Fonti, 2004),
componevano, insieme, l’allegoria L’Europe malade, detto anche
pannello Giampaoli dal nome del primo proprietario.
I due quadri furono commissionati nel 1947-1948 al grande
pittore cortonese Gino Severini dagli architetti romani Vincenzo
Monaco e Amedeo Luccichenti, per la decorazione di un importante
negozio di sport (“Tutto per tutti gli Sports” di Giampaoli
e Carnevale) in Corso Umberto a Roma, di cui stavano
curando il riallestimento. L’intera composizione, che misurava
complessivamente circa 222 × 562 cm, ornava in origine una
parete a fianco del montacarichi del negozio: il nostro quadro
era a sinistra, mentre a destra si trovava quello più grande, oggi
in collezione privata (D. Fonti, 2004). I due dipinti furono divisi
presumibilmente alla fine degli anni ‘60 del 900, in seguito alla
chiusura del negozio sportivo (1967).
Il nostro quadro è dipinto su una tela solitamente usata per
realizzare vele per barche, probabilmente a causa delle difficoltà,
nell’immediato dopoguerra, di reperire materiali idonei
per eseguire opere di grandi dimensioni.
Il soggetto, ispirato alle condizioni disastrose dell’Europa
alla fine del conflitto mondiale, è articolato in due scene diverse
e apparentemente estranee tra loro: al centro del pannello
più grande è raffigurata L’Europa, sdraiata come una statua su un sarcofago etrusco, contornata da alcune figure femminili in
costume che sono state identificate con: Cina, Oceania, Africa,
Svizzera e Italia (D. Fonti, 2004). Fa da sfondo alla scena un
luminoso paesaggio marino. Il dipinto è stato battuto presso la
casa d’asta Farsetti (Prato, Milano, Cortina) nel maggio 1994 e
nel novembre 1997.
Nel nostro pannello è invece rappresentato l’esterno di un
bar, che dai disegni preparatori (Galleria La scaletta, S. Polo di
Reggio Emilia) è possibile identificare con l’antico caffè Aragno
(poi caffè Alemagna), uno dei più famosi ritrovi artistici romani,
situato proprio di fronte al negozio di sport e frequentato negli
anni del dopoguerra oltre che da turisti e intellettuali, anche
da ufficiali alleati. Al centro è un tavolino tondo verde su cui è
poggiato un cappello da cow boy, intorno ad esso si muovono
tre figure nei loro variopinti abbigliamenti: un americano (seduto)
in camicia a quadretti azzurra e stivali, una spagnola con
peineta e ventaglio giallo, verde e rosso e infine uno scozzese
in piedi con kilt e cappello tradizionali e una sciarpa rossa a
strisce bianche e blu, appoggiata sulla spalla sinistra e annodata
sul fianco destro. Sulla sinistra in alto spicca il tendone di
copertura del bar a strisce gialle e blu.
I due pannelli appaiono molto differenti tra loro non solo per
la struttura compositiva e la resa stilistica, ma anche per uso
della luce, della gamma cromatica e della prospettiva. La loro
pertinenza ad un unica allegoria necessita a mio avviso di un
approfondimento.
Il nostro dipinto è espressione di una fase stilistica particolare
di Severini, quando il grande pittore italiano, dopo un’iniziale
esperienza divisionista, l’adesione convinta al futurismo,
la partecipazione in Francia alla nascita e allo sviluppo del cubismo
e la successiva virata verso una pittura classicista/metafisica
(1921), nel secondo dopoguerra ritorna alle esperienze
futuriste, reinterpretando in chiave decorativa astratta alcune
delle sue opere. In quest’ultimo particolare momento può essere inserito il nostro
pannello, tutto impostato sul rapporto visivo tra la spagnola
e l’americano, da cui è completamente escluso lo scozzese, il
quale impettito, in kilt e pipa, guarda attento fuori dal quadro incrociando
il nostro sguardo di spettatori. Sui muri delle case sullo
sfondo, sono appena accennati alcuni elementi architettonici:
balconi, cornicioni, finestre, tipici degli antichi palazzi romani.
Tutta la scena è caratterizzato da colori forti e intensi (verdi,
rossi, blu…), resi ancora più vibranti dal continuo alternarsi di
luce, ombre e penombre, tipiche delle giornate romane di sole,
che si rincorrono in tutto il dipinto. Un ricordo nell’intensa esperienza
cubista si nota nella parte superiore della composizione,
nel complesso gioco di linee rette che si intersecano delimitando
i giochi di luce.
Rossella Vodret
Storica dell’arte, segreteria tecnica del Commissario Generale
di Sezione del Padiglione Italia
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