Questo intenso ritratto del potente primo ministro della corte borbonica parmense è una delle opere meglio riuscite del ritrattista Pietro Melchiorre Ferrari, allievo di Baldrighi e probabilmente apparteneva allo stesso Du Tillot che nel 1771, dopo la repentina fuga da Parma, la portò con sé a Parigi, lasciandolo in eredità al fidato segretario Bertoluzzi, che rientrò a Parma nel 1776. Certamente il Ferrari ricevette la committenza dell’opera dopo il 1764, anno in cui DuTillot, in segno di riconoscimento per il suo grande impegno politico e culturale nell’organizzazione delle risorse economiche del ducato, venne dal duca Don Filippo nominato marchese del feudo di Felino. La posa impettita e lo sguardo altero ed ironico del personaggio danno la misura di quanto l’abile diplomatico fosse consapevole delle proprie non comuni capacità intellettive, continuamente sollecitate dall'assidua corrispondenza epistolare con illustri illuministi e dal costante studio di libri scientifici.
Il ritratto rende pienamente il gusto del personaggio nella scelta anche delle arti decorative. Tutto a Parma “parlava” francese e anche l’elegante abito rosso ornato dai preziosi galloni dorati, nonché i raffinati pizzi della camicia, ricalcano strettamente la moda d’oltralpe, come del resto la scelta compositiva adottata dal Ferrari, debitore certamente di moduli stilistici dedotti dalla ritrattistica francese.
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