Georg Baselitz
Georg Baselitz (nato Hans-Georg Kern), nato a Deutschbaselitz, Germania, nel 1938.
Vive e lavora a Basilea, Svizzera, sul lago Ammersee (Alta Baviera), Germania, e a Imperia, Italia.
Opere (da sinistra a destra):
Oh Schande
Fallt von der Wand nicht
Was ist gewesen, vorbei
Kein Papst ist Avignon
Nel 1957 l’espulsione dall’Accademia di belle arti di Berlino Est aveva spinto Georg Baselitz a completare gli studi presso l’omologa istituzione di Berlino Ovest, una decisione che si è successivamente rivelata formativa. A cavallo fra i due mondi della Germania Est e della Germania Ovest, Baselitz ha creato un singolare “terzo percorso” che rappresentava un’alternativa tanto al realismo socialista quando alla pittura non oggettiva. Recuperando in parte aspetti propri dell’arte espressionista tedesca bandita dai nazisti, Baselitz ha restituito alla forma umana il proprio ruolo centrale nella pittura, pur conservando un profondo scetticismo per il discorso umanistico sviluppatosi subito dopo l’Olocausto. I primi dipinti di Baselitz devono molto al Manierismo italiano. Le sue figure allungate di leviatani, con la testa piccola, inserite in paesaggi desolati, erano un contro-monumento alla tragedia della seconda guerra mondiale. Vivendo in una Germania divisa, Baselitz ha assorbito ben presto le lezioni del Cubismo, e le sue figure e i suoi paesaggi sono andati via via frammentandosi sempre di più, fino a raggiungere un’apoteosi nella totale inversione della forma umana. Da allora Baselitz ha continuato a creare ed esporre i suoi lavori capovolti, attirando in tal modo l’attenzione sulle loro caratteristiche non oggettive. Sono seguiti esperimenti formali, nei quali l’artista ha utilizzato possenti pennellate e pigmenti opachi per creare le superfici ed esplorare il rapporto fra figura e terreno. Nel 2005 Baselitz ha inaugurato una serie di dipinti eseguiti rapidamente, che riprendevano le figure chiave delle sue opere precedenti. Proseguendo la sua pratica di frattura e inversione, la reinvenzione ha avvicinato l’artista alla totale autonomia dell’immagine. Le superfici si sono assottigliate e sono diventate più trasparenti, complicando ulteriormente il rapporto tra figura e terreno. In diversi dipinti il colore cola sulla superficie oscurando i soggetti. Le sue imprese più recenti evocano la quasi-dissoluzione della figura umana, propria dell’opera di Willem de Kooning, mentre dei tentativi di nero su nero vanno alla ricerca dei confini fra visibile e quasi-invisibile. Queste correnti si riuniscono nell’attuale serie di otto autoritratti su tele che raggiungono quasi i cinque metri di lunghezza. Nonostante tutto, le enormi dimensioni di questi colossi conferiscono loro una certa fragilità; quei corpi capovolti – con gli occhi sporgenti e il membro rosso e palpitante – minacciano di recedere nello sfondo nero come l’inchiostro. Trattandosi di autoritratti, sono testimonianze sconcertanti di un artista che continua a spostare in là i limiti della pittura, anche a suo stesso rischio.