La scultura descrive l’episodio biblico in cui Ismaele, abbandonato nel deserto dalla madre che non vuole vederlo morire di sete, sviene dopo aver finito l’acqua contenuta nell’anfora alle sue spalle (Gn, 21, 8-21). L’Ismaele fu modellato nel 1844 da Giovanni Strazza nello studio di Palazzo Venezia a Roma, dove attirò l’attenzione dell’ambiente artistico e culturale. Tuttavia il primo grande successo la scultura lo ottenne due anni dopo, quando fu inviata alla celebre Esposizione di Brera del 1846. Come già era accaduto per l’Abele di Giovanni Duprè (1842), a cui Strazza si ispirò con evidenza, l’opera sconvolse il pubblico per il deliberato abbandono della bellezza ideale, in nome di un avvicinamento al bello di natura ottenuto attraverso uno studio tanto realistico dell’anatomia da attirare alla statua l’accusa di essere stata tratta da un calco dal vero. A conferma del grande successo dell’opera, Strazza realizzò almeno tre esemplari in marmo, di cui due sono conservati alla Galleria d’Arte Moderna di Milano. La statua fu presente alle principali esposizioni nazionali e internazionali: fu inviata al Crystal Palace all’Esposizione Internazionale di Londra del 1851; vinse la medaglia per la scultura alla Prima Esposizione Nazionale di Firenze del 1861; venne apprezzata da Domenico Morelli alla Promotrice di Napoli del 1865; infine venne esposta all’Esposizione Internazionale di Roma del 1883.
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