Qiu Zhijie
Nato a Zhangzhou, provincia di Fujian, Repubblica Popolare Cinese, nel 1969.
Vive e lavora a Pechino e Hangzhou, Repubblica Popolare Cinese.
Qiu Zhijie è un artista impegnato sia sul fronte della pratica che su quello dell’insegnamento, con una visione molto articolata di quella che ha definito “arte totale”. Diplomatosi presso l’Accademia cinese di Hangzhou subito dopo i disordini del 1989, è stato il più giovane artista a essere incluso nelle numerose mostre internazionali organizzate nei primi anni novanta. Alla fine dello stesso decennio, trasferitosi a Pechino, è stato il motore intellettuale trainante delle fondamentali esposizioni della cosiddetta “sensibilità post-sensoriale”, che hanno fatto emergere una generazione di artisti oggi in piena ascesa. Nei primi anni Duemila, con l’arrivo di un maggiore riconoscimento ufficiale dell’arte contemporanea in Cina, è tornato alla sua alma mater, aprendo uno studio in cui è riuscito a formare una generazione di menti artistiche con la sua combinazione unica di ricerca sociale, attività creative e impegno politico. La sua prolifica produzione ha recentemente accolto un’estesa “suicidologia” del famoso ponte sul fiume Nanchino – caposaldo delle infrastrutture socialiste, recentemente divenuto il più popolare scenario per suicidi della Cina – e una serie ancora in corso di mappe a inchiostro e acquerello che restituiscono geografie concettuali di movimenti intellettuali e dinamiche geopolitiche attraverso metafore topografiche che si dipanano con grande eleganza.
Il Jinling Chronicle Theatre Project in mostra alla Biennale di Venezia 2015 unisce i principali interessi sociali ed estetici di Qiu in una stanza con immagini e oggetti che sono attivati dagli attori durante l’esposizione. Sul piano compositivo, questo allestimento prende ispirazione dall’antico rotolo a colori noto come “Festa delle lanterne a Shangyuan”, una scena di genere di tarda epoca Ming (1368- 1644) che, raffigurando i festeggiamenti per la fine dell’anno lunare a Nanchino, esponeva anche una dettagliata tassonomia delle relazioni sociali. Analogamente, il lavoro di Qiu offre 108 oggetti, ciascuno dei quali rappresenta un ruolo ricorrente in ciò che egli vede come una storia universale, un temporaneo affastellarsi di governanti, complottisti, assassini, poeti, prostitute, autori di propaganda, spie, censori e parassiti, per nominarne solo alcuni. Altre ventotto “lanterne appese” evocano differenti stati emotivi e condizioni soggettive.
In quanto oggetti, le sculture di questa costellazione hanno una ruvidità che è il risultato dell’intersezione tra fatica manuale e intellettuale, e mostrano una schiettezza che riporta al recente passato dell’arte cinese, caratterizzato dalle esposizioni in scantinati e dalla produzione improvvisata, in cui Qiu ha avuto un ruolo cruciale. Ingegnosamente, molti di questi lavori fanno acutamente riferimento sia a utensili appartenenti alla cultura tradizionale sia all’improvvisazione di shanhzai (merci contraffatte) nella Cina contemporanea. Per esempio, una rete di tubazioni con pozzi interconnessi rappresenta l’eretico, mentre un tavolo meccanico circolare dalla superficie sabbiosa su cui delle linee vengono tracciate ripetutamente da un dente di metallo e cancellate da una mola rappresenta il contadino. Per Qiu, l’eterno ritorno di quest’ampia gamma di archetipi impregna il progresso umano di una circolarità genetica, trasformando la storia in una serie di prove infinite.
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