Il dipinto è pendant del Parlatorio con cui condivide la storia esterna, la datazione e la vicenda critica.
Il Ridotto, di cui il pittore ha immortalato qui la sala principale, fu la prima casa da gioco gestita direttamente dallo Stato veneziano. Venne aperta nel 1638 in palazzo Dandolo a San Moisé, nei pressi di Piazza San Marco, con lo scopo di concentrare in un unico luogo la pratica del gioco d’azzardo, che fino ad allora, malgrado i divieti emessi dalla Repubblica, era comunque molto diffusa, e anche – particolare questo di non secondario interesse – di convogliare nelle casse dello Stato una parte cospicua della gran quantità di denaro che il gioco muoveva quotidianamente. Il Ridotto restava aperto (ma furono concesse molte deroghe) nei mesi dell’interminabile carnevale veneziano, che andava dal 26 dicembre al giorno delle Ceneri, e quanti vi si recavano – veneziani o foresti che fossero – erano tenuti a portare la maschera. Gli unici esenti da quest’obbligo erano i nobili che tenevano i banchi da gioco, scelti tra quelli appartenenti alle famiglie meno abbienti, i cosiddetti Barnabotti. Rapidamente, grazie anche alla possibilità di mantenere l’anonimato, il Ridotto divenne un importante polo di attrazione per i nobili locali e per quanti giungevano dall’estero per frequentare il carnevale veneziano e certo enorme fu la quantità di denaro transitata sui suoi tavoli. Tali peculiarità attrassero inevitabilmente mezzani e prostitute, visibili anche nel dipinto di Francesco Guardi: a destra appare un Barnabotto con al fianco una donna che tiene in mano un fuso e una conocchia (nella pittura olandese del Seicento gli elementi distintivi delle streghe e delle prostitute), colto mentre si fa consegnare da un altro uomo una chiave, tratta da un grosso mazzo. Un particolare di facile interpretazione, che conferma lo svolgimento di tali attività all’interno del Ridotto. Oppure la scenetta sull’estrema sinistra, dove un altro Barnabotto pare intento a prestare del denaro a un nobiluomo mascherato.
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