Non è un aspetto secondario la scelta di Peter Zumthor di insediare il proprio studio in un piccolo villaggio svizzero di neanche mille abitanti. Sembra che così voglia prendere le distanze dalle tendenze architettoniche globali senza abbandonare la riflessione contemporanea sull’architettura. La distanza si nota nel modo in cui tratta i materiali e il tempo. L’opera di Zumthor presta particolare attenzione alla costruzione, ai materiali e alle tecniche artigianali. Un’attenzione, però, che non si limita alla qualità fisica dell’oggetto, anche se si avvale di un’approfondita conoscenza in merito e benché le regole che generano le forme siano una diretta conseguenza della logica del materiale. Che sia in pietra, legno, calcestruzzo o vetro, l’opera di Zumthor mostra di tenere in considerazione l’esperienza dei materiali: temperatura, peso, odore e luce. In questa nozione amplificata della costruzione, c’è un principio di universalità. A differenza delle architetture che per essere realizzate si affidano alla tecnologia – facendo diventare piuttosto patetiche le copie di questi edifici eseguite senza le stesse risorse – l’universalità di Zumthor rende familiari i suoi progetti persino in contesti lontani, e dà una portata globale alla sua strategia. D’altronde, per consegnare un progetto, Zumthor impiega molto più tempo rispetto agli standard convenzionali (globali, aziendali). Usa il tempo come antidoto contro una delle principali minacce per gli architetti di oggi: quella di copiare se stessi. Il progetto LACMA (Los Angeles County Museum of Art) è una nuova prova della sua coerenza: ancora una volta, esplora un linguaggio inaspettato. Prendendosi del tempo, Zumthor affronta ogni lavoro come se fosse il primo. Non sorprende, perciò, che i suoi progetti
abbiano una tale varietà di linguaggi, forme e geometrie in cui a stento si intravede una formula tra uno e l’altro. Una tale attenzione al singolo caso è importantissima per combattere l’omogeneizzazione nell’ambiente costruito, e, conseguentemente, delle nostre vite.