Appartenente alla illustre famiglia veneziana dei pittori Vivarini, in particolare figlio di Antonio e nipote di Bartolomeo, la sua personalità venne in parte oscurata dalla presenza nella Serenissima del grande Giovanni Bellini, il maestro capace di imprimere una svolta definitiva all’arte veneziana del rinascimento.
Alvise fu comunque un eccellente autore, più vicino per certi aspetti al padovano Mantegna. Benché parte della sua produzione sia oggi perduta, possiamo affermare che egli creò dipinti caratterizzati dalla composizione netta e dai colori brillanti ma freddi, che talvolta irrigidiscono le figure in una specie di paradiso attualizzato. Il tutto dimostrando una forza di tratto davvero notevole.
L’opera qui presente trae il suo valore dalla resa attonita della figura della Vergine, la cui mano sembra proteggere il figlio come una barriera insuperabile. Interessante è la scomposizione dei corpi in volumi geometrici, così come la divisione dello sfondo in zone nettamente delineate. L’esempio di un’arte che diviene per istinto metafisica, abbandonando ogni facile soluzione luministica.