n45 Afferodo letterario
di coscienza, situazioni o sentimenti angoscio-
samente indefiniti. Francese insomma nonisti
tuisce nell'opera l'impressione della realtà, né
il suo superamento deformato con violenza, ne
il trauma diretto, ma una situazione che si svi-
luppa nella realtà quando essa viene a contatto
con l'intrico dei fondi e gli strati multipli della
psiche; la sua immagine quindi va molto al di
là dello stato d'animo.
I titoli inventati da Francese del resto sono
sempre stati significativi, nel tentativo di dare
l'avvio o l'apertura alla situazione che si fa poi
ricchissima nell'immagine. I fogli degli ultimi
anni sono uniti sotto il titolo generale di «Be-
stiario, un'idea vecchia, ripresa ora con un
lavoro più sistematico. Formano già nell'insieme
un poema intenso e angosciato della vita umana
nella città; vi predominano gli elementi e i sim-
boli dell'incertezza, dell'instabilità, della vitalità
impotente: la finestra aperta, la soglia, incertezza
fra l'interno e Vesterno; una figura che si affaccia
o si ritrac , che « dispera di elevarsi », incertezza
quindi nell'atto vitale da compiere; l'alba o il
tramonto,
incertezza del tempo, ore di trapasso,
inizio o fine. Lo spazio psicologico dell'opera
si è fatto in questi fogli più gremito e spesso,
ma anche più libero, poiché ormai il complicato
meccanismo del rapporto con la realtà ha assunto
uno svolgimento quasi naturale. Il colore poi,
nei pastelli e nelle tempere, corrisponde diretta-
mente a questa rinnovata ricchezza; che sia di
uno splendore violento ma tutto rappreso e in-
ternato con striscie di luce di una intensità bon-
nardiana, o sottilmente diffuso, sparso quasi con
delicata fragilità ma di una forza espressiva che
non vien mai meno ad esprimere un ineliminabile
fondo di dramma.
ROBERTO TASSE
Mostre a Milano
Recentemente a
Milano abbiamo visto alcune tra
le mostre più interessanti della stagione '68-69.
Tralasciamo quelle che, pur presentando artisti
diciamo importanti, tuttavia non aggiungono mol-
to a ciò che già sappiamo di loro; occupiamoci
Afile - quique 1969
invece di artisti che si sono rivelati sotto un aspetto
particolare.
Cominciamo dai giovani. Alla Galleria Nieu-
bourg un artista di Torino, Giulio Paolini, ha
esposto una serie di opere tutte con un medesimo
spunto e con una medesima tecnica. Si tratta di
riporti in bianco e nero su tela fotografica di qua-
dri o di dettagli di quadri del passato, da Lotto a
Ingres, da Poussin a Henri Rousseau. Uno, per
esempio, è la riproduzione, di grandezza uguale
all'originale, del quadro « Ritratto di giovane » di
Lorenzo Lotto. La chiave del lavoro sta nel titolo
attribuito da Paolini «Giovane che guarda Lo-
renzo Lotto »> in modo da ripristinare idealmente
il momento in cui il quadro è stato fatto, non come
momento culturale, ma come rapporto privato c
esistenziale tra pittore e il modello, e in modo
da creare nello spettatore attuale l'illusione di essere
egli stesso Lorenzo Lotto. Così per l'ultimo qua-
dro di Velasquez «Las Meninas »: Paolini ha iso-
lato le immagini riflesse dallo specchio che, se-
guendo la logica della finzione pittorica della scena,
non sono altro che l'ultima cosa vista da Velasquez.
Un quadro bianco di pochi centimetri quadrati
rappresenta la zona di luce dipinta da Raffaello nel
tempio de «Lo sposalizio della Vergine »; mentre
la mano, attribuita da Ingres a Poussin nel quadro
«Il Trionfo di Omero, permette a Paolini di
affermare con la didascalia « Poussin addita gli an-
tichi come esempio fondamentale ». La silhouette
della Libertà, dal quadro omonimo di Rousscau,
ritagliata, racchiusa tra due sagome di plexiglas
appesa per un filo al soffitto, pone tutta la mostra
sotto il segno di un'apparizione. A chiusura, sulla
parete di fondo, una fotografia della sala presenta
la Galleria completamente vuota, come se le im-
magini del passato avessero deposto per una illu-
sione ottica le loro ombre sui muri, evocate dal-
l'artista, ma irreali
li e incorporee: fuori dello spazio
e del tempo, fuori dai contesti e dalla stessa cate-
goria storica, nel loro puro valore di immagine,
dunque in una specie di essenza metafisica. In
quell'essenza Paolini sembra aver riconosciuto la
sua propria natura di pittore.
La mostra di
Luciano Fabro, sempre alla Galleria
Nieubourg, con l'opera dell'ultimo anno di lavoro
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