A partire dalla fine degli anni Cinquanta Dorazio esplora una peculiare sintassi compositiva, dando vita a un’intensa stagione di lavoro che si estende fino al 1963. Realizza allora una serie di opere, di cui fa parte il dittico “Pontoise”, la cui superficie è tramata da un fitto reticolo di segni verticali, orizzontali e diagonali stesi con la punta di pennello, di un unico colore, al di sotto del quale vibra un tessuto pittorico variato costituito da sottili strati di colori diversi che si sovrappongono, accentuando la profondità e la vibrazione luminosa del dipinto.
Quantunque in questo ciclo di opere si possa individuare un tono dominante, Dorazio sfugge la monocromia e al contempo si distanzia dalle acquisizioni dell’astrattismo geometrico come pure dalle allora emergenti ricerche programmate. Con i “reticoli” l’artista rifonde una nuova dimensione del colore attraverso la luce, trasformando la superficie in un campo di energia. “Il reticolo – scrive al tal proposito Dorazio – non è mai un solo colore, l’intenzione cromatica dei quadri è la risultante di una sovrapposizione di tanti leggeri toni o timbri di colori diversi in un colore totale, rosso, giallo, verde o blu, in una luce colorata” (G. Dorazio in Intervista di Piero Dorazio con Adachiara Zevi, in Dorazio, catalogo della mostra [Ravenna, Loggetta Lombardesca, 19 ottobre – 1° dicembre 1985], Essegi, Ravenna 1985, pp. 65-66). E ancora racconta: “Cercavo un colore che non fosse definibile secondo l’esperienza banale, ma che sfidasse l’occhio a mettere a fuoco la differenza di qualità tra un colore e l’altro, ecc. Il colore risultante da questa sedimentazione doveva essere una nuova nozione del colore, stimolarne una nuova esperienza” (ibidem).
Se la sua ricerca rivela da un lato sintonia intellettuale con il lavoro degli artisti americani quali Tobey, Rothko, Newman e Still, dall’altro s’inserisce pienamente nella tradizione europea. Dorazio ripensa al colore e alla pennellata di Seurat, Previati, Boccioni; medita sulla ricerca pre-futurista di Balla – la cui opera, nell’immediato dopoguerra, egli aveva peraltro contribuito a riscoprire in una Roma che l’aveva completamente dimenticata –.
Il dipinto “Pontoise” è datato al 1960, anno che segna un vertice della sua pittura. Proprio allora Dorazio è incaricato di riorganizzare il Dipartimento di Belle Arti della Pennsylvania University di Filadelfia, di cui poi sarà nominato direttore, alternando i soggiorni d’oltreoceano con la permanenza a Roma e i viaggi in Europa.
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