Bartolomeo Motta (1870-1944), 8° di 9 fratelli, dovrebbe lavorare con il padre nell'avviata fabbrica di bastoni ed ombrelli che ha, tra l'altro, il brevetto della curvatura a vapore dei manici; ma è insofferente e inquieto e preferisce emigrare in Alsazia, dove avvia un'attività di scavo e sterro. Ritornato in Italia per il servizio militare, dopo un'iniziale esperienza come dipendente nel settore del commercio del legname, dà vita a una propria impresa che tratta legnami nobili e diventa un facoltoso industriale. Tormentato negli ultimi anni da una fastidiosa malattia invalidante, nel testamento lascia l'Ospedale Maggiore erede di un immobile in Milano. L'esecuzione del ritratto viene affidata ad Ottavio Steffenini, che declina l'incarico, trasferito poi a Giuseppe Cerrina. Il dipinto, dalle cromie vivaci molto ben accostate, riesce molto gradevole. La raffigurazione del volto, realistico, espressivo e dall'aria bonaria, è ricavato da una bella fotografia del benefattore.