Giuseppina Carenini non è una benefattrice dell'Ospedale Maggiore. Proprietaria col marito Cesare Canavesi di una acciaieria, nel 1882 adotta Angelo Sartorio, che lavorava da anni con loro e a cui si erano affezionati moltissimo. Quest'ultimo, nel suo testamento beneficia l'Ospedale con un lascito di 120.000 lire, chiedendo che, oltre al suo ritratto, sia eseguito anche quello della madre adottiva. Viene commissionato a Francesco De Rocchi, che con Umberto Lilloni faceva parte del gruppo dei "Chiaristi Milanesi". Questo ritratto è uno dei primi e significativi esempi della sua pittura chiarista, con il classico uso delle tonalità dei rosa e dei grigi. Non si tratta certo di un quadro che punta alla verosomiglianza e a una descrizione ambientale realistica e dettagliata, ma il risultato, pur nell' irrealtà un po' astratta del volto e nella figura asimmetrica appena accennata, è poetico e garbato.
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