Vittore Agostino Corda (1856-1931), figlio di una numerosa modesta famiglia (aveva 18 tra fratelli e sorelle), inizia a lavorare nel mobilificio del padre, poi trova impiego in una ditta di legnami, infine si mette in proprio, costituendo in una località nella provincia di Sondrio un'azienda commerciale con segheria. Nonostante problemi legati a esondazioni e piene del fiume che gli creano due gravi dissesti finanziari, riesce entrambe le volte a ripartire e ad accumulare una piccola fortuna, di cui nel testamento beneficia l'Ospedale Maggiore. Il ritratto del benefattore viene commissionato a Pompeo Borra, che aveva cominciato l'attività con una collettiva presso la Famiglia Artsitica Milanese, esponendo poi alla Biennale di Venezia. L'artista aderisce a "Novecento", prediligendo soprattutto soggetti femminili. Il benefattore è rappresentato con il suo bel cane ai piedi, col sigaro tra le dita della mano appoggiata al tavolo, seduto accanto a una finestra da cui si scorge un paesaggio volumetricamente semplice, essenziale come tutta la composizione, priva di retorica e costruita con lo scopo di suggerire un'idea di quotidiana modestia.
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