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Rassegna stampa, Oggetto 281

Lonzi Marta18 ottobre 1969 - 23 ottobre 2001

La Galleria Nazionale

La Galleria Nazionale
Roma, Italy

  • Title: Rassegna stampa, Oggetto 281
  • Creator: Lonzi Marta
  • Date Created: 18 ottobre 1969 - 23 ottobre 2001
  • Transcript:
    pia f. 22 anni "ero più brutta più povera più sola di tutte le altre" - Mangiare da sola in cucina a 13 anni dopo aver servito i tuoi padroni in sala da pranzo, sono convinta che non placela a nessuno, meno che meno a me che ha vissuto tutta l'infanzia in brefotrafio. Mi era tanto mancato un affetto percio quasi ml innamoral dell'inge- nere e la signora che se ne era accorta mi trattava male, malissimo e lo mi sentivo cosi brutta, ma cosi brutta che un giorno decisi di avvelenarmi con la trielina; mi salvarono i bambini che si misero a gridare. Avevo 15 anni quando sono stata ricoverata per la prima volta, non si può immaginare cosa è stato: maltrattata, legata, terrorizzata. Imbottita di sedativi, costretta a subire gli elettroshock Poi mi hanno dimessa e sono entrata come Inserviente in una clinica. Ma mi era tornata un feroce complesso di Inferiorità Mentre attraversavo i corridoi della clinica sentiva malati e infermieri che commentavano: • quanto a brutta quella lä, e chi se la prende quella, accidenti quanto e brutta! Mi senti- vo morire: ero più brutta, più povera, più mal- vestita, più sola di tutte le donne che cono scevo. Un giorno mi sono messa sul davan- zale della clinica, ero decisa a faria finita. Le suore hanno chiamato l'autoambulanza. Qul all'ospedale mi hanno ridotta una larva... ba stava il più piccolo segno di insofferenza mi legavano, mi mettevano le fasce, ini face- vano la benda bagnata e la cravatta che sono due modi tremendi di immobilizzare i pazien- ti. Quasi mai riuscivo a ribellarmi, mi davano 4 sedativi al gloro fortissimi ero in loro balia. Sono stata due anni legata in un lotto. Pensavo che non ero una donna, pensavo che ero un bambino immobilizzato, infelice che imboccavano e male, senza amore. Quan do capivo che mi stavano per fare un altro elettroshock provavo un senso di rassegnazio- ne o di morte. In questo padiglione mi el hanno portata legata mani a piedi a spintoni giu per i viall. Mal maltrattamenti sono du- rati poco perché è arrivato il prof. Paparo che è bravo e mi ha subito levato le fasce con cui oro legata e ha cominciato a curarmi. Grazie a lui ho conosciuto mia madre. Lei è stata sincera, ha spiegato che mi ha abban- donato non per cattiveria, ma per paura: una donna non sposata con un figlio dalle parti nostre la trattano male, troppo male e lel non aveva la forza di sopportare tutte quelle offen. Ora mi viene a trovare spesso, si è sposata, sta bene. In questo padiglione sto bene anch'lo: facciamo musicoterapia, diso gno e drammatizzazione, tutte cose che mi sono servita per capire un po' la mia vita, noi qui le nostre storie le drammatizziamo e ci ragioniamo sopra. Ma qui ci sto bene anche perché c'è Teresa che è una dottores- sa giovane che mi tratta come una sorella ed è tonera con tutte le malate, mi ha aiuta- to tanto... allo spesso penso che uscire di qui è impossibile perché ormal la società ml accetta solo come malata di mente, ma come normale di me non vuol saperno. La società sbaglia, perché non riesco a capirci, pensa che nol creiamo dei problemi del fastidi, invece serviamo, serviamo tanto pro prio nella nostra diversità antonietta p. 72 anni "quando una donna ha perduto l'onore ha perduto tutto" - Se fossi une scrittice dice Antonietta Pa- via, una donna anziana ma energica che si prodiga come e più delle infermiere - scri- verei un romanzo triste, una storia d'amore ma anche di solitudine, quella di una donna che si è giocata tutta la vita per un santi mento irregolare. All'epoca mia le donne non studiavano e lo che ero di famiglia poverissima non avevo neanche quel patrimonio che consiste nel sa per leggere e scrivere: fra i poveri solo gli uomini andavano a scuola. Quando a 15 anni sono partita dal paese per venire a servizio a Roma la mia mamma mi disse: "una donna quando ha perduto l'onore ha perduto tutto" A Roma rimasi 5 anni a servizio da certe be- rannsso, la domanica Invece di uscire resta- vo in casa a studiare e a farmi un po' di cul- tura. Pol torna a casa, ero stanca di subire i maltrattamenti del resto della servitu. Al pansa mi fidanza con un ragazzo della mia eta, ma non ero innamorata e quando parti per fare il militare lo comincial a chiedermi perché dovevo sposare quell'uomo, perché dovevo accettare una vita che tutto sommato non avevo scolto io, che mi sentivo Imposta dalla gente. Cosi quando torno ci restituimmo l'anello, lo ripresi la strada di Roma. Final mente mi innamoral, era falice, mi sentivo piena di forza e di voglia di vivere, troppo tardi mi accorsi che lui era sposato, che non sarebbe mai potuto diventare mio marito. Furono momenti atrol, un giorno venne da me la moglie, mi insulto, mi sentil addosso tutta la vergogna del mondo. Oualcosa scatto dentro di me, volevo morire, smisi di man- giare, di parlare, ma non di vederlo, mi ora necessario plu dell'aria, non so perché ma in lui trovavo tutto quello che non avevo mal avuto, mal provato. Non riuscivo ad avere la forza di rompere, ma soffrivo terribilmente Da sempre desiderava un figlio e ora che la mia situazione irregolare non mi permetteva di averne, ogni volta che vedevo delle mam me con loro bambini scoppiavo in planti disperati. Anche la famiglia dove lavoravo mi trattava come un'appostata. Mi sentivo in fondo ad un pozzo, non riuscivo più a lavorare, a reagire. Alla fine la ricca signora da cul stavo a ser vizio, proprio lei che aveva un'infinità di rela: zioni tra cui una con un monsignore, proprio lei cul era morto un figlio di pochi mesi per incuria e donutrizione, proprio le dall'alto del la sua ricchezza mi disse: E' meglio che te ne val, tu ti devi dannare da sola - Vi prego fatemi uscire, fato qualcosa per me, non ce la faccio più, vi prego fatemi uscire..... Fra i capelli le spunta un patetico fiore di stoffa un po' sciupato, in mano ha una bu sta di nylon consunta dall'uso nella quale nasconde una radiolina, lo sguardo è spento, dolente. E' cominciato coal il mio viaggio verso la pazzia trovata che avevo fame, ero sporca o facevo lo voglio andare a spasso, fate non a Magda da 5 anni si trova segregata in que sto padiglione senza neanche ricordarsi be- ne perché vi è entrata . Quello che mi ricordo è che sono scap- pata da casa... volevo stare insieme alla gen- te della mia ath, volevo divertirmi un po'; passeggiare, scherzare, vedere posti nuovi... Mi sentivo sporca, sgradevole. Rimasi per un pero mamma non voleva, mi teneva chiusa cordo bene, ho sempre sonno, lo vedi mi si periodo a casa di mio fratello, ma non riusni faceva poi sono scappata... ma non mi tutto il giorno in camera, non 80 perché lo savo far niente, avrei voluto non esistere. E chludono gli occhi, mi danno troppe pillolo... bifreigela verso la pazzia, inevito non ce la faccio a ricordare.. ma vi prego re- a vita fini. A mia zia supplicavo: zla ti stare qul. È stata la polizia a portarmi qui. prego fammi morire, fammi morire - Tornai a Roma a servizio, ma lavorare mi era im. mi hanno trovata loro dopo qualche giorno che era scappata... si, mi ricordo, mi hanno possibile e allora una sera indossalla mia boccetta di sonnifero o un velano per topi e poi mi distesl sul letto. Non so come mai mi salvarono. Arrival in autoambulanza al Santa Maria della Pleto. Era il 1948, non sono plu uscita. Non poteva plù essere utile a nessu- no e nessuno mi ha più voluta Mentre ascolto Antonietta mi viene da pen. sare che dove c'è un governo autoritario gli uomini vengono chiusi in manicomio per ra gioni politiche, a gettarli in qualche lagar del la pazzia o il potere politica che loro combat tono: le donne invece finiscono in manicomio per ragioni private, di sessualità negata, di sentimenti delul, a gettarle nei padiglionio la società patriarcale alla quale in qualche modo si sono ribellate. Perché chiedo - tutte le donne che ab- biamo avvicinato hanno tentato il suicidio? • La depressione è un modo tipico della don na per esprimere la sua rabbia e il suicidio entra in questo quadro. L'aggressività di cui una donna si sente carica in generala la ri- tarce contro la stessa, e il suo modo di sc- cusaro o di chiedere aluto. Di solito queste donne attuano quella che si definisce tenta- tivo di suicidio dimostrativo, compiono cioè atti tendenti a dimostrare che si vuole mori- re ma con il preciso scopo di chiedere aiuto, affetto, accettazione, perdono, tutte cose che desiderano disperatamente qui mi trattano male, le ammalate sono invi- diose, mi sento sempre crollare dal sonno.. mi danno tanta medicine. Una volta sola sono tornata a casa, ma per poco perché ho fatto un capriccio perché voleva uscire a mamma si è arrabbiata a mi ha riportato qui... si arrabbia sempre, dice che dava stare qui perché altrimenti prendo una brutta strada, dice che devo stare chiusa che è meglio... La domenica viene qui e mi porta i dalele pol me li fa mangiare, una volta lel voleva che lo mangiassi 1 dolci e io volevo che mi fascesso Uscire, le continuava a dire di no e allora lo l'ho picchiata... e tutti han no detto che si vedeva che ero matta, invece ero arrabbiata. faccio fatica a parlare, mi ricordo poco... ma è tanto tempo che sono chiusa qui dentro, sono entrata che ero ple- cole, credo che avevo 17 anni, la scuola l'ho finita qui dentro: ho fatto fino alla media, ma non mi ricordo se mi hanno promossa... non lo ricordo proprio... pero ho vissuto po- co.. ho visto poche cose in vita mia, prima chiusa dentro casa, poi chiusa qul dentro... per favore camminlamo, ecco giriama intorno all'albero, almeno facciamo un po' di moto... almeno sembra che stiamo facendo una pas- seggiata... non pensato che lo sia matta, lo starei bone... à colpa del Seronase e di tutte le altre medicine se non riesco a par lare, a ricordare... lo devo prendere tutte le mattino e poi quello che posso fare e camminare in su e in glú per questo cor- tiletto... la radio mi tiene compagnia, ma non funziona bene e cercano sempre di ru- harmela... qui non c'è niente da fare... nien- te da dire... niente da vedere... ma che dite dovrò rimanere qui per tutta la vita?...slate buone fatami uscire », L'ho ascoltata per più di mezz'ora senza riuscire a capire perché l'hanno chiusa qua dentro. Cosa c'era che non andava in questa ragazza Magda la conosco da quando venni qui per fare il tirocinio, mi dice France. E fuggita da una famiglia che voleva Imporle un modo di vivere che lei non poteva accettare. La ma- dre per motivi che riguardano il suo mestie re non la puo tenere con só. D'altra parte Magda glustamente non si rassegna a resta re in manicomio e lo psichiatra è infastidito da questo suo comportamiento che definisce - agitato e prensa di colmarla con degli psl. cofarmaci. E si sa benissimo che gli psico- farmaci vengono usati per rendere remissivi passivi o tranquilli i pazienti che non cettano la segregazione. Emanuela e France quotidiano donna . pag. 5 magda d. 24 anni "credete che dovrò restare qui tutta la vita”
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