Ispirato dal film del 1955 Wonder Ring di Stan Brakhage, ho voluto creare un'opera che fosse priva di tutte le moderne tecniche del video digitale, nel tentativo di scoprire i fondamenti dell'immagine in movimento. Ripresentadosi, l'anello a poco a poco si spoglia di tutte le tecniche digitali e dell'audio, lasciando alla fine solo il video grezzo di utilizzare all'interno della sua narrazione. A causa di questo processo, ho perso la possibilità di aggiungere al mio racconto alterando l'estetica attraverso la correzione del colore, il ritaglio e le transizioni. Non potevo più contare sul suono a dettare il mio ritmo, e per modellare l'esperienza delle mie immagini. A causa di ciò, ho dovuto guardare più in profondità l'immaginario che mi era rimasto. Ho cominciato a vedere la narrazione già all'interno delle immagini. Sono diventato più consapevole di come potrebbero essere tagliate insieme, per formare narrazione attraverso la loro relazione. Attraverso questo tentativo di catturare le radici del cinema sperimentale, ho creato un vero e proprio riflesso del mio ambiente di maturazione.