Le sollecitazioni proposte da Alejandro Aravena per la 15. Mostra Internazionale di Architettura sono particolarmente stimolanti, soprattutto rispetto all’immagine del fronte visto come il luogo in cui gli architetti combattono quotidianamente la battaglia per migliorare la qualità dell’ambiente edificato e, di conseguenza, della vita delle persone.
Etimologicamente il termine “fronte” rimanda alla presenza di una linea di separazione netta tra due entità diverse che si contendono il controllo del territorio; se declinato al campo delle città d’acqua, il fronte può ben rappresentare quella linea di demarcazione, fisica ancor prima che amministrativa, che divide lo spazio più propriamente urbano da quello portuale.
Storicamente la presenza di questo fronte, esteso su lunghi tratti di costa, ha parzialmente privato le città-porto del loro rapporto con il mare, spesso esacerbando fenomeni di degrado fisico e sociale nelle aree urbane più prossime a questo limite.
Nel corso degli ultimi trent’anni, con la trasformazione dei porti in seguito all’introduzione del “trasporto unitizzato” e il conseguente allontanamento delle funzioni logistico-portuali dalle aree più centrali della città, si è aperta per la prima volta la possibilità di incidere sull’esistenza e sulla natura di questa linea di separazione con evidenti ricadute, sia sull’attrattività delle città-porto stesse, che sulla qualità della vita di chi ci vive.
Le città in cui questo cambiamento è avvenuto con maggior successo sono tutte accomunate da un singolare atteggiamento resiliente, si tratta cioè di strutture urbane che hanno saputo reagire in maniera proattiva ai profondi mutamenti strutturali che le hanno investite nel corso dell’ultimo trentennio, sapendosi reinventare, forti di un progetto di attività complessivo, con nuovi e diversificati caratteri, proprio a partire dal recupero e dalla valorizzazione del rapporto con l’acqua che le circonda.
Secondo questa chiave interpretativa, il progetto speciale Reporting from Marghera and other waterfronts è stato immaginato come un percorso che, a partire dall’analisi e dalla rilettura di alcuni dei progetti più significativi di rigenerazione urbana di porti industriali, già attuati o in corso di realizzazione, contribuisca a stimolare una riflessione ampia e trasversale sui principi e sulle modalità con cui affrontare e orientare la complessa riconversione produttiva di Porto Marghera e di altre realtà italiane, come Bagnoli, che versano nella stessa condizione.
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