Nek Chand ha partecipato all’edificazione di Chandigarh, la città indiana progettata da Le Corbusier per incarnare gli ideali del modernismo non solo a livello funzionale e fisico, ma anche poetico e spirituale. Usando i materiali di risulta dei cantieri di Chandigarh, Nek Chand ha cominciato a realizzare nel tempo libero un giardino su un terreno abbandonato. Con l’aiuto di cemento, sabbia, frammenti di ceramica, pezzi di cavi elettrici e fusti d’olio vuoti ha creato cascate e cortili affollati di figure di danzatori, uccelli e musici. Anche solo per questo, il suo lavoro è da annoverarsi tra gli esempi più notevoli di recupero dei materiali e di trasfigurazione del riciclo in una nuova dimensione. La realizzazione del giardino è andata avanti ossessivamente per anni, perlopiù a opera del solo Chand, fino ad arrivare a un’incredibile estensione di quattordici ettari: l’espressione di un’arte amatoriale creata per hobby. In termini di infrastruttura, il Rock Garden segue la logica e il rigore delle opere civili: muri di sostegno, opere idrauliche, pilastri e solette, ma con una grande sensibilità nel creare un paesaggio appropriato e straordinariamente funzionale, uno spazio pubblico fresco e originale, ideale per il clima caldo di Chandigarh e per questo molto apprezzato dai visitatori. In termini di espressione e di forma, un critico occidentale non avrebbe esitazioni nel bollare l’opera come kitsch. Eppure, in essa non c’è ombra di cinismo. È qualcosa di mai visto prima, una sperimentazione artigianale profondamente onesta, avulsa da tutti i codici e i canoni di progettazione esistenti. Invenzione nel senso più puro del termine. Il sincero e appassionato riscatto della decorazione, lontano tanto dal mutismo della moderna scatola muraria quanto dallo scherno della presunta lezione di Las Vegas.
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