L’intervento dell’ingegnere Andrea Schiavi consentì nel 1925 di riaprire il luogo, inaugurato come Famedio da Benito Mussolini. Il cosiddetto restauro Schiavi, pur controverso, ci restituisce comunque un interno del Tempio di notevole fascino. Alcuni studiosi ritengono che Leon Battista Alberti si ispirasse in questo caso alle opere di Filippo Brunelleschi, l’inventore della prospettiva, in particolare alla Sagrestia Vecchia in San Lorenzo a Firenze e alla Cappella Pazzi presso Santa Croce. Giustamente, però, Amedeo Belluzzi nota che l’attenzione dell’Alberti si focalizza sulla forma circolare, che secondo la sua visione prevale in natura, poiché la natura tende a “far sì che tutti i suoi prodotti riescano assolutamente perfetti”. È in ogni caso certo che Leon Battista volle rendere San Sebastiano una singolarità assoluta, elaborando le figure del quadrato e del cerchio, che d’altra parte apparivano in modo nitido nella vicina Casa del Mantegna. D’altronde, anche l’intuizione di creare un luogo sopraelevato, che ha come sottostante una cripta di concezione non medioevale, testimonia come l’edificio nel suo complesso si presenti con la qualità di uno spazio ideale quasi sospeso, adatto a celebrare le virtù del Principe e, forse, ad accogliere la sua sepoltura.