Oggi più che mai gli artisti, i curatori, i galleristi e gli operatori culturali in genere, devono cambiare registro. E’ finito (anche se qualcuno ancora non l’ha capito) il tempo del LIONS dell’Arte Contemporanea, delle white cube, degli ingressi vip alle fiere d’arte contemporanea, delle quotazioni stellari, dell’estetica per l’estetica, della partecipazione finalizzata all’appartenenza. In questa epoca di nefandezze diffuse, continue violazioni di diritti umani, guerre, terrorismo, decapitazioni, viaggi della speranza e perdite di vite umane, ognuno di noi è stato “sporcato”. Apprendiamo continuamente di tragedie dai telegiornali e metabolizziamo tutto continuando a mangiare, come se le informazioni che ci passano appartenessero alla finzione. Questa dimensione di sofferenza globale purtroppo non preclude l’esistenza di un malessere locale, fatto di emarginazione, povertà e ignoranza da una parte ma anche di arroganza, clientelismo e spreco. Spreco di risorse economiche ma anche di talenti e territori, senza identità e futuro. Vlady ha capito il momento; ha accettato la sfida e ha assunto le sue responsabilità. Mette in discussione l’ordine precostituito, denuncia, fa riflettere, apre gli occhi, capovolge la realtà, sposta il senso della percezione, ti mette nella condizione di porti delle domande. Nella sua ricerca artistica non si sottrae alla militanza territoriale; non si tira mai indietro nelle sfide di prossimità; nelle provincie dimenticate o nelle periferie abbandonate, in mezzo alla gente, a piccole comunità resilienti, per portare la bellezza dove non esiste e il pensiero a chi è stato privato della capacità di produrlo. L’opera presentata da Vlady è frutto dello scambio tra Outdoor Roma e il Farm cultural Park di Favara (AG) e riguarda i nostri confini quotidiani, intesi come limiti fisici e mentali. Il grande labirinto vuole essere la metafora del percorso obbligato, di una libertà coatta, vigilata. Liberi, nei termini e nelle condizioni imposteci. Intorno, una decina di frasi decontestualizzate (dai computer ai muri) alludono all’UE e alla nostra società contemporanea. La bandiera forata è simbolo di rivoluzione. È metafora dell’Europa imperfetta, incompiuta, permeabile, privata, oltraggiata. Non sono offerte facili, uniche chiave di lettura, né risposte: varco d’ingresso, di uscita oppure un invito ad andare oltre.
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