Signorina seduta

Esibendo una libertà tecnica e un'audacia creativa che l'avrebbe contraddistinto anche nei decenni successivi, nel 1934 Fontana lavorò alle sculture astratte in ferro e gesso colorato, esposte nel gennaio 1935 in una controversa personale al Milione, e realizzò in fomre astratte la tomba Bestetti al cimitero di Varese, in marmo grigio e travertino; ma modellò anche, in gesso policromo, il "Fiocinatore" che gli valse il Premio Tantardini alla "V Mostra sindacale lombarda", e la "Signorina seduta", esposta al pubblico nella stessa occasione. Secondo la testimonianza della vedova, Teresita Rasini, presso la quale l'opera - una fusione in bronzo dall'originale in gesso dipinto - fu acquistata nel 1976, la "Signorina seduta" ritrarrebbe Jole Bonifacini Fontana, moglie del fratello di Lucio, Tito. Per Edoardo Persico, che nella monografia del 1936 la definiva il capolavoro dello scultore, "rappresenta il disfacimento del volume, la pretesa di risolvere scultura e pittura su di un piano lontanissimo da Rosso: tutte le esperienze di gusto dello scultore e tutte le sue ossessioni cromatiche sono adunate nella perfetta unità dell'opera, e in quella veste nera che è un accento indimenticabile". Affina alla perduta "Vittoria dell'aria", eseguita nello stesso anno in gesso colorato di oro e blu per la "Mostra dell'Aeronautica", che la rifiutò, la "Signorina" rimedita le abbreviazioni stilistiche sperimentata da Arturo Martini, specie nella definizione sintetica dei capelli e delle sporgenze del volto, appena suggeriti. Il vestito nero e le unghie laccate di rosso, insieme al gesto spontaneo del sollevare la mano ad aggiustarsi i capelli davanti a uno specchio invisibile, sono elementi quotidiani di un'iconografia domestica spontanea, fatti dialogare con il classico tema scultoreo della figura femminile sdraiata e con l'antinaturalistica e sacrale atemporalità dell'oro, che ricopre il modellato scabro e antiaccademico del volto e del corpo rendendo il soggetto più astratto. [Mariella Milan]