Prodotto industrialmente o lavorato da un artigiano. Fabbricato in serie o personalizzato. Componibile a macchina o costruibile a mano. Standardizzato (nessuna sfida) o sperimentale (innovazione). Omogeneo o diverso. Generico (globale) o site-specific (locale). È questa la battaglia intrapresa da Kengo Kuma: combattere l’egemonia dei materiali industriali del ventesimo secolo. Una battaglia che è una costante di tutta la sua carriera. Che egli abbia utilizzato la pietra, il legno, il metallo o qualche altro materiale, queste polarità lo hanno guidato in un’ossessiva ricerca, progetto dopo progetto.
Talvolta si tratta di piccole sfide: sviluppare un modo specifico di collegare un materiale a un altro, oppure recuperare una vecchia tecnica da applicare in modo nuovo. Ma ciascuna di quelle battaglie è integrata in opere più grandi, cosicché si crea un insieme di conoscenze che arricchiscono il modo di capire l’architettura. La mostra di Kengo Kuma alla Biennale ci consente di considerare ognuna delle esperienze come una sfida autonoma o come un grande tentativo di contrastare la tendenza alla banalità e alla mediocrità dell’industria edilizia.