Questo foglio, per il quale è stata proposta una datazione tra la fine degli anni Novanta del Quattrocento e i primi del secolo successivo, è certamente uno dei più importanti tra quelli dedicati da Leonardo al moto perpetuo. In primo luogo perché è posteriore alle sue conclusioni che negano la possibilità di costruire macchine a moto perpetuo e anche perché è una delle pagine più ricche di soluzioni alternative. In questo periodo Leonardo è impegnato nello studio della fisica degli elementi naturali, con particolare attenzione alle forze orientate verso l’alto di tipo idrostatico e aerostatico, spinte che hanno caratteristiche opposte alla forza di gravità, la quale agisce verso il basso. Alla luce di queste considerazioni, Leonardo vede la spinta idrostatica come una “forza di levità” antagonista a quella di gravità e cerca di applicarla nella progettazione delle ruote perpetue, che adesso disegna con la parte inferiore dell’asse di rotazione immersa in acqua e quella superiore in aria. Leonardo è talmente preso da questa nuova possibilità al punto che, sviluppando il nuovo tipo di ruota, sente la necessità di proteggerlo da occhi indiscreti: “fanne modello, uno segreto rinchiuso, e di fori un verosimile da mostrare”.
Da notare l’appunto che accompagna il disegno in basso a destra, nel quale si afferma che la struttura della ruota è ad aste scorrevoli e che le masse si muovono per gravità attraverso l’aria e per levità attraverso l’acqua. Leonardo ragiona sugli effetti delle differenze di densità dei mezzi in cui si muove la ruota, immaginando una regione mista aria-acqua in prossimità del pelo dell’acqua, con una densità minore che in qualche modo consente alle masse che ruotano sospese ai raggi di “sfondare” la superficie dell’acqua senza impedire il moto della ruota. In quest’area, delimitata nel disegno da due linee, nella quale è immerso parte del mozzo della ruota, secondo Leonardo i pesi dei raggi b - c - d non hanno gravità alcuna. Sembra che egli consideri questa zona uno spazio misto in cui aria e acqua annullano le proprie qualità fisiche, e nel quale le masse dei corpi immersi hanno valore zero. Più in generale, Leonardo pare non accorgersi che, introducendo una forza di levità simmetrica ma opposta a quella di gravità, non cambiano gli equilibri tra le forze che determinano la rotazione. Immagina di costruire le masse alle estremità dei raggi come fossero ampolle riempite d’aria per cercare d’inserire nel sistema un’eventuale spinta aerostatica. Il suo intento è chiaro: mentre nei casi precedenti egli aveva a che fare soltanto con la forza peso di corpi solidi, adesso – ribadendo così la sua adesione ai principi della fisica aristotelica che fino a quel momento aveva negato in vari modi – ipotizza una macchina perpetua nella quale gli elementi entrino in gioco con le relazioni di forza loro specifiche: una massa cava piena d’aria avrebbe sfruttato l’energia saliente ad essa intrinseca. Un’idea, però, destinata, come altre, a essere abbandonata: presto Leonardo avrebbe additato come soluzioni “sofistiche”, cioè non funzionanti, anche questo tipo di ruote perpetue, come afferma esplicitamente nel foglio 282r del Codice Atlantico .