Dopo aver seguito i corsi di Adolfo Wildt all'Accademia di Brera, Broggini, arrivato a Milano nel 1925, partì nel 1929 per il canonico viaggio a Parigi, dove aggiornò la propria cultura figurativa - tra novecentismo e morbidezze tardoscapigliate memori della plastica di Medardo Rosso - studiando gli impressionisti, Rodin, Matisse e l'arte greca ed egizia nelle sale del Louvre. Anche attraverso la frequentazione del critico Edoardo Persico, Broggini si orientò verso un'idea di scultura al tempo stesso arcaica e pittoricista che anteponeva il modellato alla costruzione architettonica, concentrandosi sugli effetti di luce e di superficie e scegliendo spesso soluzioni policrome e materiali come il gesso e la terracotta. L'idea di sposare i prestiti dall'antico all'immediatezza della tranche de vie impressionista risulta particolarmente evidente in quest'opera, che assume in questo senso quasi un valore di manifesto: "Adolescente di trenta secoli fa o balilla degli anni trenta, il "Ragazzo" tiene in cerchio intorno a sé l'ordine delle poetiche e dei mondi. Lo diresti egizio, etrusco, repubblicano, oppure uno scugnizzo dei vicoli, con quelle orecchie troppo larghe che infrangono la nobiltà del volto." Datata al 1932 dall'iscrizione incisa sul collo, l'opera è ascritta al 1935 dalla monografia di Alfonso Gatto, uscita nel 1940, quando Broggini frequentava ambienti e artisti legati a "Corrente". Come proposto da Renzo Modesti, è ipotizzabile che Broggini avesse iniziato a lavorarci nel 1932 e che ci fosse poi tornato negli anni successivi. Si spiegherebbe così il fatto che l'opera - nella sua versione in gesso policromo, oggi in collezione privata - fosse stata esposta per la prima volta solo nel 1937, alla Permanente in occasione della "VIII Mostra sindacale lombarda", quando le Civiche Raccolte ne acquistarono una versione in bronzo. Un secondo bronzo, rimasto almeno fino agli anni settanta nello studio milanese dell'artista, si trova oggi nella raccolta di Giuseppe Iannaccone. [Mariella Milan]
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