Il dipinto raffigura Teti che affida il giovane Achille, che non sembra voglia distaccarsi volentieri dalla madre, al centauro Chirone, affinché questi gli funga da precettore. In tre sue lettere dell’aprile 1761, indirizzate all’abate Frugoni, Batoni, che era stato insignito due anni prima dall’Accademia parmense del titolo di accademico d’onore, lascia intendere di aver eseguito a Roma questo dipinto su commissione della corte ducale.
Il soggetto mitologico del dipinto adombra sicuramente un evento storico, che la critica ha voluto indicare nella decisione della duchessa Louise-Elisabeth di affidare il giovane erede Ferdinando, nato nel 1751 e che all’epoca del dipinto aveva grossomodo tra i nove e i dieci anni, alle cure del noto esponente dei philophes illuministi Etienne Bonnot de Condillac, presente a Parma fin dal 1760. Diversamente da altri due quadri di ugual soggetto eseguiti dal Batoni, qui Achille è visibilmente ancora bambino e i suoi tratti hanno più di un ricordo della grande arte parmigianinesca, quasi in dovuto omaggio alla prestigiosa committenza parmense. Anche la figura di Teti, con le vesti agitate dal vento, in piedi su una conchiglia spinta da due nerboruti tritoni, richiama alla mente prototipi correggeschi, declinati secondo un gusto pienamente classicista elegante e squisito, esemplato su una tradizione secolare, che da Raffaello giungeva fino a Maratta.
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