Un’educazione artistica sotto l’insegna dell’espressionismo astratto americano con Motherwell e Kline, la frequentazione di Robert Rauschenberg e quindi l’approdo a Roma dove si confronta con gli esponenti della scena romana, quelli a lui più affini per segno, Perilli e Novelli. Dal 1957 nella capitale, Twombly elabora la sua personalissima via all’Informale con opere in cui si sedimentano tracce di una grafia fragile accanto a colature e grumi di colore cremosi. All’inizio degli anni Sessanta le sue opere sembrano perdere parte della levità segnica dei primi anni italiani. L’atelier in centro, nella barocca e allora fatiscente atmosfera di Campo de’ Fiori, lo catapulta contemporaneamente nel viscerale presente di Roma, quello dei bordelli, popolato da una pittoresca delinquenza, e nell’ingombrante passato storico-artistico. L’aria viziata e viziosa della città impregna prepotentemente le sue tele attraverso i segni di una civiltà gloriosa ora violata, con i muri imbrattati, gli angoli sporchi e fatiscenti. Oltre a questo lavoro, tra il ‘61 e il ’62, vedono la luce opere in cui progressivamente il segno ingrassa, gli “scarabocchi” e i graffiti sporcano la superficie della tela, mentre le sbavature e le sgocciolature si fanno sempre più scatologiche.