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Untitled (TI1) and Untitled (TI2)

Daniel Boyd2015

la Biennale di Venezia - Biennale Arte 2015

la Biennale di Venezia - Biennale Arte 2015
Venezia, Italia

Daniel Boyd
Nato a Cairns, Australia, nel 1982.
Vive e lavora a Sydney, Australia.

Le tele di Daniel Boyd presentano le caratteristiche righe puntinate e le onde grafiche dei dipinti aborigeni, eppure, sotto la loro superficie, giacciono sepolte immagini complesse. Boyd ha adottato tecniche tradizionali per rielaborare fotografie, mappe e documenti, sovrapponendo alle immagini un “velo” di segni dipinti. Oscurando i particolari, riflette sul silenzio imposto alle voci indigene nella scrittura della storia e sulla natura incompleta di ogni rappresentazione.
Nella sua opera, Boyd cerca di svelare il passato coloniale della nazione. Molti suoi progetti sono iniziati con ricerche d’archivio sulle storie locali di schiavitù e conquista. Una serie presenta gli eroi dei libri di testo, come re Giorgio III o il capitano Cook, resi nello stile naturalistico che viene utilizzato per gran parte dei dipinti storici, e poi adorna alcuni personaggi con i simboli dei pirati: bende sugli occhi, bandane e pappagalli. Per il quadro We Call Them Pirates Out Here (2006), Boyd prende The Landing of Captain Cook at Botany Bay, 1770 (1902), di Emmanuel Phillip Fox. Il capitano Cook indossa una benda nera sull’occhio, mentre un teschio con le ossa incrociate decora la Union Jack che garrisce al vento: in tal modo inquadra l’espansione imperialista britannica come un atto barbarico di saccheggio. L’opera rivela inoltre l’interesse dell’artista per archivi e musei in quanto custodi di manufatti culturali, e si basa sulle ricerche condotte al National History Museum di Londra, in particolare nella First Fleet Collection. In tal modo il dipinto sottintende anche una critica istituzionale che mette in luce la complicità dei musei nell’avallare le narrazioni coloniali.
Nell’opera per la Biennale di Venezia, Boyd trae ispirazione da L’isola del tesoro (1883) di Robert Louis Stevenson e, questa volta, prende in esame il motivo dei “pirati” nel contesto dei musei, definendo le spedizioni archeologiche occidentali una moderna caccia al tesoro i cui bottini sono custoditi in tutte le collezioni nazionali. Qui presenta una serie di oggetti conservati in diverse istituzioni, come il Metropolitan Museum of Art di New York, lo University of Pennsylvania Museum of Archaeology and Anthropology di Philadelphia e la Cambridge University Library nel Regno Unito. Ciascuna immagine di questa serie, Treasure Island, riguarda una carta nautica delle isole Marshall, a nord-est dell’Australia. Anche queste opere mettono in luce la natura soggettiva delle mappe, che intrecciano dati geografici con storie di potere, conquista e scoperta.

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  • Titolo: Untitled (TI1) and Untitled (TI2)
  • Creatore: Daniel Boyd
  • Data di creazione: 2015
  • Diritti: Courtesy l'artista; Roslyn Oxley9 Gallery, Sydney and Station, Melbourne, Foto di Alessandra Chemollo; Courtesy: la Biennale di Venezia, con il supporto del Governo Australiano, attraverso l'Australia Council for the Arts, il suo fondo per le arti e l'organo consultivo; Creative Victoria; Monash University; Danielle and Daniel Besen Foundation; John Kaldor AM; Naomi Milgrom Foundation; Catriona and Simon Mordant AM; Annabel and Rupert Myer AM; Lisa and Egil Paulsen; Penelope Seidler AM; The Keir Foundation; Terry Wu
  • Materiale: olio, carboncino e colla da legatoria su poliestere
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