Vajravārāhī è una delle divinità tantriche femminili più popolari in tutte le tradizioni del buddismo tibetano. Sebbene ci siano diverse forme, l'iconografia di base vede Vajravārāhī raffigurata con un volto, due mani e due gambe. L'attributo iconografico distintivo è la testa di scrofa ('vārāhī'), mentre il termine 'vajra' indica la folgore adamantina, vocabolo che compare nella denominazione stessa di buddhismo tantrico, ovvero Vajrayāna, la via del 'vajra'.
La forma a quattro braccia di questa scultura, nota anche come Sarvārthasādhana Vārāhī - in traduzione, la forma di Vārāhī che porta a compimento tutte le pratiche spirituali - è normalmente di colore rosso nelle raffigurazioni pittoriche, ma in questo caso il pigmento rosso, sebbene visibile, è assorbito e riflesso nella lucentezza dell’oro. La dea porta un diadema di cinque teschi e indossa una ghirlanda di teste recise che è propria delle divinità terrifiche. Delle due mani centrali, la destra regge una calotta cranica ('kapāla'), mentre la sinistra è atteggiata nella 'vitarkamudrā', il gesto che indica la trasmissione dell’insegnamento: 'kapāla' e 'vitarkamudrā' rendono sinteticamente la sua natura tantrica e la sua funzione di disvelamento della realtà. Delle altre due mani la prima è disposta nell’apotropaico gesto della 'tarjanīmudrā' e la seconda stringe un pesce di cui non vi è traccia nei testi iconografici più comunemente seguiti e che forse va riferito a un particolare ciclo rituale del Buddismo nepalese.
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