Philippe Parreno
Nato a Orano, Algeria, nel 1964.
Vive e lavora a Parigi, Francia.
L’artista e filmmaker francese Philippe Parreno ha raggiunto la fama negli anni novanta, venendo classificato, assieme a Pierre Huyghe, Rirkrit Tiravanija, Liam Gillick, Douglas Gordon e Dominique Gonzalez-Foerster, come artista appartenente all’estetica relazionale. Questa definizione è stata coniata nel 1988 dal critico d’arte francese Nicolas Bourriaud per descrivere opere d’arte che disperdono la voce dell’autore e snaturano gli oggetti d’arte in una rete di relazioni sociali. Ad oggi Parreno continua a concepire le sue opere d’arte come spazi allestiti per lo svolgimento di eventi. Attraverso film, scultura, performance, scrittura e testo, le sue esposizioni coinvolgono gli spettatori attraverso molteplici sensi e punti di vista.
I primi lavori di Parreno hanno preso in esame la formazione delle immagini e le modalità di esporle. Nel 1999, assieme a Huyge, Parreno ha acquisito i diritti di un personaggio manga giapponese di nome Annlee. Il duo ha invitato altri artisti a produrre opere utilizzando le sue fattezze, prima di trasferire il suo copyright alla Annlee Association, un’entità legale che garantiva ad Annlee la proprietà della sua immagine. Da allora Parreno ha cercato nuovi modi di espandere l’opera d’arte e trasformarla in ambienti estesi nello spazio e nel tempo. Zidane: A 21st Century Portrait (2006) è un ritratto ipnotico che si dipana nel tempo: diciassette telecamere sincronizzate controllate dal direttore della fotografia Darius Khondji seguono il campione del calcio francese Zinedine Zidane lungo un’intera partita, accompagnate solo dai pensieri del giocatore sotto forma di sottotitoli e da una colonna sonora della band post-rock scozzese Mogwai. Una collaborazione più recente con Hans-Ulrich Obrist è un’esposizione delimitata non dallo spazio ma dal tempo.
A spingere Parreno a legare l’opera a un luogo e a una durata specifici è in parte l’influsso degli interventi scultorei in situ dell’artista concettuale Daniel Buren. Il contributo di Parreno alla Biennale è diviso tra due luoghi. Ai Giardini, pensato per essere fruito come un videogame, l’evento da lui creato è interattivo e immersivo, e naviga tra diversi spazi. Non più confinato in uno spazio definito, Parreno trasforma quest’opera in un’opportunità per strutturare l’esperienza al di là dei muri museali. Al contempo, all’Arsenale, la sua installazione Flickering Lights si insinua in varie gallerie e ci guida nel più profondo della mostra.
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