INTRODUZIONE
Il Risorgimento italiano coincide con i primi passi della fotografia. La fotografia accompagnerà le imprese di questo anelito di libertà documentando in maniera puntuale luoghi di battaglie, momenti bellici, volti dei protagonisti. Cercherà di costruire dei monumenti fotografici, tenterà di creare un immaginario visivo e talvolta visionario che fosse tutt’uno con lo spirito risorgimentale. Cercherà di declinare e piegare la nuova invenzione alle nuove esigenze diventando talvolta la prosecuzione tangibile di un modo di pensare e di vivere.
Palermo 1860
L’estrema versatilità dello strumento fotografico è rappresentata dalle fotografie realizzata da Eugène Sevaistre a Palermo tra il maggio e il giugno 1860, poco dopo lo sbarco di Garibaldi. Le immagini del Sevaistre furono realizzate quasi in contemporanea con gli avvenimenti raffigurati: le macerie sono ancora pericolanti e le barricate sembrano immortalate durante una momentanea pausa dei combattimenti. La fortuna di queste fotografie ci è testimoniata dalle numerose riproduzioni e varianti che presero immediatamente a circolare grazie alla loro “traduzione” nelle litografie pubblicate.
L’impresa dei Mille era ormai diventata un evento con implicazioni internazionali ed erano corsi in Sicilia letterati ed intellettuali da tutte le parti del mondo, dalla Francia all’Inghilterra, dagli Stati Uniti all’intera Europa.
Rovine risorgimentali
Già nel 1849 un altro fotografo,Stefano Lecchi, aveva deciso di scattare, come un moderno turista, delle fotografie che ritraessero i luoghi in cui più evidenti erano i segni della caduta della Repubblica Romana che aveva visto per protagonisti Giuseppe Mazzini, Garibaldi, Luciano Manara, Goffredo Mameli e tanti altri giovani, patrioti idealisti e “ribelli”.
Le sue fotografie ci documentano chiese distrutte, rovine cadenti, le mura forate dalle palle dei cannoni, le case sventrate, le arcate dei ponti rese incerte e pericolanti, macerie, casolari abbandonati. Il Risorgimento recuperava così il tema del “gotico” e i luoghi delle battaglie diventavano pittoriche “rovine”.
Le incisioni diventeranno le false testimonianze del momento dell’azione: un modo, e per molto tempo l’unico, per far vedere in diretta la cronaca storica a loro contemporanea creando così, di fatto, le immagini delle guerre risorgimentali. La fotografia riusciva a fornire uno scenario vero ed attendibile ai disegnatori che popolavano queste quinti vuote e “mute” di protagonisti in azione – soldati, scoppi di granate, fumi di fuochi -. Solo in questo modo si spiegano alcune serie di disegni di Antonio Moretti o Alessandro Castelli realizzati “dal vero” e “in diretta” sulle medesime scene dell’assedio.
L’Album dei Mille di Alessandro Pavia
Poco dopo l’impresa dei Mille un fotografo, Alessandro Pavia (1824-1889), pensò di raccogliere in un unico volume tutti i ritratti dei protagonisti a quella che era stata “l’impresa” del risorgimento italiano e aveva contribuito a costruire il mito di Garibaldi.
L’Album dei Mille era a tutti gli effetti un moderno monumento fotografico facendo diventare la fotografia uno strumento insostituibile per fissare la memoria dei Mille e consentirne in maniera incontrovertibile l’identificazione. Il principio seguito da Alessandro Pavia era quello già caro alla tradizione classica che vedeva la creazione di un elenco e di una serie identificativa di foto-ritratto. Foto tutte simili, eppure tutte diverse. I vari protagonisti erano messi in posa secondo inquadrature simili utili a far risaltare il volto.
Nell’impossibilità di ritrarre l’intero gruppo dei Mille, durante o immediatamente dopo l’impresa, secondo i canoni dei tanti ritratti collettivi, Alessandro Pavia aveva preso a collezionare una serie di ritratti individuali, in formato carte da visite. Molti di questi ritratti li aveva scattati lui direttamente andando a cercare i reduci dell’impresa o richiedendoli ad altri fotografi locali. Seppure le singole foto, che non riuscirono nonostante le buone intenzioni e gli sforzi di Pavia a documentare tutti i Mille, non si discostassero per tipologia e costruzione dalle altre foto-ritratto coeve, è la ripetizione seriale che esaltava l’impresa e costituiva il valore aggiunto. Tutti i singoli ritratti del volume erano numerati e ordinati alfabeticamente all’interno delle pagine. E’ proprio nella compilazione dell’elenco che troviamo uno dei caratteri più in sintonia con gli orientamenti culturali del pensiero risorgimentale e si collegava da una parte alle liste dei sottoscrittori e dall’altra ereditava la tradizione delle lunghe epigrafi lapidee.
Curatore—Dott. Marco Pizzo - Museo Centrale del Risorgimento di Roma