Nel XVI secolo, il potere del Papato era divenuto opprimente e i romani desideravano una maggiore libertà. Così, inventarono un nuovo modo per esprimere il proprio malcontento senza essere "beccati": cominciarono a pubblicare segretamente le proprie critiche, scrivendo epigrammi e brevi versi satirici su alcune statue. La più famosa di queste è il Pasquino, a pochi passi da Piazza Navona. Ma per la città di Roma se ne possono trovare molte altre.
Pasquino
La statua di Pasquino è ciò che resta di un'opera risalente al III secolo a. C., che probabilmente un tempo decorava lo Stadio di Domiziano nell'odierna Piazza Navona. Le Pasquinate erano solitamente scritte di notte, spesso frutto di poeti e pensatori che conoscevano la metrica e il latino, e i romani potevano sbellicarsi dalle risate al mattino, prima che i messaggi venissero rimossi dalle autorità. Furono emanate leggi severe per porre fine a questa pratica e il Pasquino venne messo sotto sorveglianza. Papa Adriano VI (1522-23) minacciò addirittura di gettare il Pasquino nel Tevere e nel 1728 fu emanato un editto da Benedetto XIII, col quale condannava a morte, confisca ed infamia, chiunque fosse sorpreso a deporre “pasquinate” sulla statua.
Su papa Urbano VIII, che riutilizzò il bronzo del Pantheon per San Pietro, disse: "Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini” (Quello che non hanno fatto i barbari, lo hanno fatto i Barberini).
Non solo Pasquino
Pasquino non è l’unica statua parlante di Roma. La tradizione capitolina elenca una serie di sculture che formano il “Congresso degli Arguti”, liberi pensatori di pietra caratterizzati dalla mordacità dei messaggi verso papi e nobili.
Abate Luigi
Sul fianco della chiesa di Sant’Andrea della Valle si trova una statua acefala raffigurante probabilmente un magistrato romano o un oratore, con rotolo alla mano, di epoca tardoimperiale. Il soprannome di Abate Luigi gli venne assegnato dal popolo, forse per una somiglianza col sagrestano della vicina chiesa della Madonna del Santissimo Sudario. La statua conserva una scritta sul lato frontale del piedistallo di marmo: «Fui dell’Antica Roma un cittadino | Ora Abate Luigi ognun mi chiama | Conquistai con Marforio e con Pasquino | Nelle satire eterna fama | Ebbi offese, disgrazie e sepoltura | Ma qui vita novella e alfin sicura».
Madama Lucrezia
A due passi dall’Altare della Patria, si trova un imponente busto marmoreo rappresentante probabilmente una sacerdotessa di Iside o la stessa dea Iside. Anche stavolta il soprannome fu dato dal popolo e si riferisce ad una nobile dama del XV secolo, Lucrezia d’Alagno. La nobildonna era amante de re di Napoli, Alfonso d’Aragona, e abitava nei pressi dell’attuale Palazzetto Venezia, dove all’angolo con Piazza S. Marco si trova oggi la statua.
Statua di Madama LucreziaAssociazione Italiana Giovani per l'UNESCO
Pie' di marmo
Sebbene anche lì si trovassero talvolta messaggi irriverenti, il Pie’ di marmo non viene elencato nel “Congresso degli Arguti”. Secondo alcuni, è il piede della statua di Madama Lucrezia: lo testimonierebbero le dimensioni e la qualità del marmo, la veste e il sandalo, parti del corredo delle sacerdotesse isiache. Il piede fu ritrovato nel XVI secolo e fu collocato nella strada che oggi prende il suo nome. Nel 1878 fu spostato all’angolo con Via Santo Stefano del Cacco, affinché non ostacolasse il passaggio del corteo funebre del re Vittorio Emanuele II.
Fontana del Babuino
Poggiata su una fontanella di porfido addossata a Palazzo Grandi, la statua del Babuino raffigura probabilmente un sileno, divinità tra uomo e satiro. Il soprannome popolare deriva, secondo la tradizione, dal suo aspetto grottesco. Un’altra ipotesi ricollega il soprannome al termine “babbione” (dal latino “bambalio”: vecchio cialtrone). Le satire del Babuino furono così efficaci per un certo periodo da rubare la scena al Pasquino e conquistarsi il nome di “babbuinate”.
Fontana del Facchino
La fontana del Facchino fu probabilmente scolpita da Jacopo del Conto verso la fine del Cinquecento e rappresenta un acquaiolo della Confraternita degli Acquarenari, che rivendevano porta a porta l’acqua delle fontane pubbliche. Il soprannome popolare deriva forse dall’aspetto dell’abito del tutto simile al tipico abbigliamento della corporazione dei facchini e da una, oggi scomparsa, epigrafe.
Marforio
Risalente al I secolo d.C. e oggi situata nel cortile di Palazzo Nuovo ai Musei Capitolini, la statua rappresenta una divinità fluviale proveniente probabilmente dal tempio di Marte, nel Foro di Augusto. Il nome "Marforio" deriverebbe appunto da “Mare in Foro”, oppure, secondo altre versioni, dalla famiglia Marfuoli, che dimorava nei pressi del carcere Mamertino, dove fu trovata la statua. Marforio era considerato la "spalla" di Pasquino: alle domande di uno rispondeva l’altro con tono derisorio. Una tra le più celebri satire vede protagonista la sorella di papa Sisto V, Camilla, che da origini contadine cominciava ad atteggiarsi nobile. Alla domanda di Marforio: «Ahimé Pasquino, perché sei così sporco? Hai la camicia nera come quella di un carbonaro», Pasquino rispose: «Che vuoi farci? La mia lavandaia è stata fatta principessa!».
Piazza NavonaAssociazione Italiana Giovani per l'UNESCO
Lungi dall'essere un fenomeno strettamente romano, il termine "pasquinate" si è diffuso anche in altre città europee, indicando composizioni e libelli satirici, politici, ecclesiastici o personali.
La mostra è stata curata dal Comitato Giovani della Commissione Nazionale Italiana per l'UNESCO - Lazio: Antonio Geracitano, Marco Anzellotti, Vittoria Azzarita, Andrea Bangrazi, Ilaria Cacciotti, Francesca Candelini, Giovanni Cedrone, Carlotta Destro, Caterina Francesca Di Giovanni, Alessandra Feola, Paolo Ianniccari, Marta Lelli, Laura Leopardi, Ginevra Odone, Dario Saltari, Paolo Scipioni.
Comitato Giovani della Commissione Nazionale Italiana per l'UNESCO