Vanessa Beecroft: tableaux vivants

La performance e il corpo femminile

Tine (1996) di Beecroft VanessaLa Galleria Nazionale

Ossessioni

Nell’opera di Vanessa Beecroft si fondono bellezza e supplizio, perfezionismo estetico e crudo realismo. Il tema centrale della sua ricerca è il corpo femminile che ha messo in scena attraverso performance dalle complesse coreografie, in cui i corpi femminili compongono complessi tableaux vivants.

Un'adolescenza inquieta

Vanessa Beecroft nasce a Genova, ma trascorre un’infanzia problematica, fra l’Inghilterra, luogo d’origine del padre e l’Italia, paese della madre. Tormentata durante l’adolescenza da disturbi dell’alimentazione, Beecroft tiene un diario, Il Libro del Cibo, in cui per dieci anni (1983-1993) prende nota di ogni suo singolo pasto. A Genova studia presso l’Accademia Ligustica Di Belle Arti (dal 1987 al 1988) per poi spostarsi all’Accademia Di Belle Arti di Brera di Milano (dal 1988 al 1993). Nel 1996 si trasferisce negli Stati Uniti, prima a New York e dal 2019 vive a Los Angeles.

Susannee (1996) di Vanessa BeecroftLa Galleria Nazionale

VB01, 1993

Il coraggioso debutto di Beecroft nel mondo dell’arte avviene nel 1993, mettendo in scena proprio il suo Libro del Cibo durante una mostra collettiva presso la Galleria Inga-Pin a Milano. L’opera è intitolata VB01 e da questo momento in poi tutte le sue performance riporteranno come titolo le inziali dell’artista “VB”, seguite da un numero in sequenza corrispondente alla performance. Il libro, collocato al centro di una grande stanza, era circondato da “sculture viventi”: 30 ragazze, alcune in movimento, altre immobili in piedi o sedute, vestite con abiti dell’artista di colore giallo o rosso, molte scelte per la loro somiglianza con l'artista.

Sulle pareti della stanza erano esposti disegni e acquerelli di figure stilizzate di ragazze, rappresentate come sottili bastoncini dai colori vivaci – in un ulteriore richiamo alla percezione distorta di chi soffre di disturbi dell’alimentazione. I disegni sono intitolati VBDW01, VBDW02, VBDW03, acronimo che sta per “Vanessa Beecroft Drawings and Watercolours”.

La messa in scena dei tableaux vivants

La prima performance del 1993 consacrò Vanessa Beecroft come artista concettuale, in particolare servì a far comprendere all’artista la forza della presenza dei corpi vivi nello spazio: i “tableaux vivants”.

Beecroft parte generalmente da un disegno, un’idea, da qui inizia la ricerca di un’aderenza fra questa idea e la messa in scena della performance: “Riassumo l’idea in una proposta e la passo al direttore di produzione che la trasforma in un progetto. Il progetto include il coinvolgimento di diversi collaboratori: fotografo, operatore, truccatore, costumista, casting che seguo a distanza. (…) Non si prova: il giorno in cui di solito incontro tutti per la prima volta è il giorno in cui avviene la performance”.

Questo “transfert” avviene attraverso regole severe di comportamento che le modelle devono seguire durante le esibizioni che consentono di ottenere il totale “straniamento” della loro presenza: istruite a non interagire con il pubblico, spesso indossano uniformi – abiti, accessori, parrucche, trucco, tutto uguale –, sono nude o appena vestite, tenute a stare in piedi o nella stessa posizione per ore.

Susanne, Tine (1996) di Vanessa BeecroftLa Galleria Nazionale

“Provocare, vedere cosa succede se si toccano certi tabù, sono stimoli per la mia creazione artistica. Ma la ragione prima rimane comunque poetica, introspettiva, sociale, cromatica, compositiva”

Senza titolo (1994) di Beecroft VanessaLa Galleria Nazionale

Il corpo ideale

Beecroft ha utilizzato quasi sempre modelle giovani, alte e magre, che chiamava “ragazze”, indipendentemente dalla loro età, nell’ottica della rappresentazione di un rito di massa, di un apparire privo di pudore, verso quella forma-limite, che passa attraverso il totale controllo del corpo in direzione di un modello ideale, etereo, patinato. La bellezza femminile è indagata nelle sue molteplici sfaccettature, nella sua fisicità, forza e fascino, nel rapporto con l’arte del passato, con il cinema, con le grandi donne della storia. Tutto muove dal rapporto tra decadimento del corpo ed apparenza eterna delle modelle, tra fisica e metafisica.

I temi

I primi lavori di Vanessa Beecroft sono prevalentemente incentrati sull’identità di genere – femminile – molti dei quali autobiografici, come nelle performance VB02, VB03, VB04 e VB08 (tutte del 1994), in cui le modelle indossano parrucche rosse (esasperazione del colore dei capelli dell’artista) e biancheria intima bianca. Nella VB51 (2002) – la prima performance filmata – installata allo Schloss Vinsebeck di Stenheim in Germania, per la prima volta le modelle erano più mature, quasi tutte intorno ai 60 anni, tra cui la madre di Beecroft.

Successivamente i soggetti sono diventati più politicizzati, spostandosi su temi prevalentemente incentrati su razzismo. Come nel caso di VB61 Still Death! Darfur Still Deaf? (2007), una delle performance di Beecroft più impegnate politicamente, è stata presentata alla 52a Biennale di Venezia, coinvolgendo “30 donne sudanesi con la pelle dipinta, sdraiate a faccia in giù per terra su una tela bianca, simulando corpi morti accatastati uno sull'altro”, in rappresentazione del genocidio nel Darfur, in Sudan.

Arte e moda

Dal VB01, Beecroft ha realizzato oltre 60 performance in tutto il modo (Guggenheim di New York, Gagosian Gallery, Moma P.S. 1 di New York, Wacoal Art Center di Tokyo, l’Institute of Contemporary Art di Londra, la Galleria Lia Rumma di Napoli e Milano), ha inoltre collaborato con importanti stilisti come Miuccia Prada e Tom Ford, e più recentemente con il cantante Kanye West.

Ringraziamenti: tutti i partner multimediali
In alcuni casi, la storia potrebbe essere stata realizzata da una terza parte indipendente; pertanto, potrebbe non sempre rappresentare la politica delle istituzioni (elencate di seguito) che hanno fornito i contenuti.
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