Roberto Barni (1939) inizia a dipingere intorno agli anni cinquanta. Verso la fine del decennio, realizza i primi quadri astratti con materiali diversi: ferro, legno, fotografia, carta di giornale. Negli anni successivi, dedica sempre più attenzione alla scultura. Barni ha rinnovato in maniera originale l'eredità rappresentata dalla tradizione scultorea italiana, affrontandone e risolvendo a proprio modo i problemi tipici della figurazione tridimensionale. Nella sua opera, concentrata sulla figura umana, l'uomo perde il privilegio dell'individualità a favore di una resa anonima, eppure in costante movimento e mutamento, più consona all'essere umano contemporaneo. La scelta della fusione in bronzo permette all'artista di distaccarsi dalla solidità e dalla staticità del marmo, verso una maggiore fluidità delle forme e dei significati. Le sue figure sembrano tanti cloni, o sosia, in situazioni costantemente precarie, instabili, così come la vita moderna appare agli occhi di Barni: la vertigine dell'esistenza.