La scultura raffigurante la Virtù fa parte delle sculture provenienti dal Monumento funebre a Gaston de Foix, capolavoro di Agostino Busti detto il Bambaia, oggi esposte nella Sala degli Scarlioni del Museo. Il sepolcro doveva essere eretto in onore del condottiero francese Gaston de Foix, morto a Ravenna nel 1512, ed era destinato a Santa Marta, chiesa prediletta dai francesi in cui era stato traslato il corpo dell’eroe dopo il funerale. Dalle testimonianze ritrovate a proposito del Monumento, sappiamo che doveva essere un’opera molto impegnativa, per cui si stimavano almeno dai quattro ai sei anni di lavoro. La commissione, probabilmente, proveniva direttamente dal Re e la conferma viene proprio dal Bambaia che nel testamento stilato il 25 aprile 1528 parla del credito nei confronti del “Cristianissimo re di Francia” (Francesco I) per il sepolcro da lui eseguito ma non ancora concluso. Grazie a queste parole del Bambaia possiamo dire con certezza che il monumento restò incompiuto, come conferma anche Vasari nelle “Vite”. Nella chiesa di Santa Marta le sculture furono ritrovate prive di collegamento tra loro: personaggi femminili stanti (come nel caso della Virtù), figure maschili sedute, pilastrini di varie misure decorati con trofei, rilievi narrativi con scene di guerra, tutte di magistrale esecuzione ed erano ammassate a terra semplicemente perché l’opera non era mai stata montata. Per questo motivo l’allestimento delle venti sculture destinate al Monumento funebre risulta molto problematico, dato che non ci sono informazioni certe su come dovesse presentarsi il sepolcro nella sua redazione finale.
Osservando le sculture arrivate fino a noi - il gisant col ritratto di Gaston, la sequenza degli apostoli, le figure femminili e i rilievi che raccontano le gesta del defunto - si riconosce il carattere di manifesto politico della tomba, teso a celebrare le imprese e la gloria terrena del giovane maresciallo di Francia. Il linguaggio scultoreo del Bambaia lascia convergere la conoscenza dell’arte antica maturata nel soggiorno romano insieme alla grande lezione di Leonardo che è riconoscibile nell’eloquente gestualità ed espressività dei suoi personaggi.