Sciogliendo i segni dalla consueta cornice rettangolare
e facendoli vivere liberamente nell'ambiente, Carla Ac-
cardi ha potuto precisare il luogo a cui essi tendevano
quando venivano elaborati: lo spazio come situazione
concreta. Infatti, in quanto sollecitazione ottica priva di
riferimenti a dei significati, il segno realizza interamente
la propria natura quando si pone sullo stesso piano delle
cose, convive con loro nell'unità dell'esperienza visiva.
Il bisogno di conferire al segno degli addentellati con
la propria esperienza di vita non si manifesta più, come
nei quadri bicolori del '63 - 64, attraverso una tensione
emotiva da trasmettere all'organismo pittorico; nel la-
voro più recente una situazione obiettiva realizza questo
rapporto come equivalenza di stimoli tra segni e am-
biente. Operando in una dimensione concreta di spazio
si tratta semplicemente di arrivare a concepire l'oggetto
come un puro oggetto visivo, articolato secondo una
programmazione che risponda a questa prerogativa.
Il passaggio a una visualità sempre più consapevole
è una logica conseguenza dello sviluppo della Accardi.
Ma il fatto interessante da notare è che in lei questo
passaggio avviene con la particolare disposizione di chi
si trova a far coincidere una scoperta sul piano della
vita con una scoperta sul piano operativo. Infatti mentre
per certi giovani la posizione « ottica » è un dato ovvio
di partenza, che spesso implica le certezze di una poetica,
per la Accardi è il frutto di tutta una sperimentazione
che via via l'ha condotta a soluzioni impreviste e per-
sonalissime. Il loro particolare carattere sta nel fatto
che esse non vengono giustificate da alcuna presa di
posizione, ma garantite da una specie di verifica instan-
cabile del loro rapporto con la totalità dell'esperienza
di vita. Che è anche una liberazione vera e definitiva
da quel formalismo, sempre latente, nel quale molte
ricerche tra le più attuali vanno spesso a cascare.
Le « plastiche della Accardi, invece, si definiscono
come un'operazione di linguaggio la cui riuscita consiste
nel pervenire a un'acuta funzionalità ottica dei vari ele-
menti, non per la capacità di prevederla, ma per una
disposizione di vita interiore cosi armonica nell'accettare
i limiti a cui si rivela sottoposta la nostra esistenza,
che il gesto più libero appare anche il più misurato.
Carla Lonzi
notine
Torino
maggio 1966
Dato de C. Aenarole da
non restituire