Aetas aurea raffigura il ritratto della moglie dell’artista, Giuditta Pozzi, e del figlio Francesco, nato nel novembre 1885. La critica data pertanto quasi concordemente il primo esemplare dell’opera al 1886. Con ogni probabilità fu realizzata al ritorno dal viaggio a Parigi, dove Rosso aveva soggiornato da maggio a ottobre 1886, esponendo al Salon e al Salon des Indépendants. A quella data aveva già licenziato lavori come Carne altrui (1883-1884), la Portinaia (1883-1884) e Impressione d’omnibus (1884-1885), che evidenziano una nuova esplorazione della forma plastica. Con la cera Rosso fonde infatti il soggetto con l’atmosfera, cogliendo un momento dell’esistente reso attraverso una forma fluida, instabile, smaterializzata dalla luce. Il soggetto e l’impianto di Aetas aurea riprendono Amor materno (1883-1886), seppure – come evidenzia Luciano Caramel – “l’impostazione sulla diagonale, già sperimentata in lavori precedenti” sia qui “decisamente accentuata nella struttura dal taglio inconsueto”. In base alla propria modalità operativa, basata sulla ripresa del medesimo soggetto anche a distanza di vent’anni dal primo esemplare, Rosso rielabora Aetas Aurea in più versioni, realizzate in gesso, cera e bronzo. Rosso stesso si occupò dell’allestimento apportando anche delle modifiche alle proprie sculture per presentarle in base ad un corretto punto di vista. In Aetas aurea intervenne sul retro inclinando leggermente l’opera in avanti.
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