Lorenzetti nega la concezione della scultura come peso materico e massa solida, e concentra la propria ricerca su personali idee di volume, luce e spazio, insufflando una
sensazione di delicata levità nella lastra metallica, scelta come piano dell’invenzione creativa. Le lamiere si piegano, aprendosi in fenditure e respiri, caratterizzandosi per la contiguità o l’opposizione di curve concave e convesse, capaci di accogliere ombre e luci. La forma di Lorenzetti procede per semplificazioni dell’immagine visiva, come l’ala sintetizzata e restituita nell’opera esposta, Alato. Qui si combinano gli esiti della sua
produzione scultorea essenziale e le ricerche della fine degli anni ottanta, quando l’artista vela pittoricamente la superficie con un sottile strato di grafite per restituire morbidezza all’insieme che ora libra leggero “tra le pieghe dell’aria”. Testo di Cristina Antonia Calamaro