Introdotto da Piero Gobetti alla scuola di Felice Casorati, il maggior pittore operante a Torino all’epoca, attorno al quale gravita l’avanguardia pittorica torinese, Carlo Levi inizia la sua carriera artistica sperimentando su tematiche allegoriche. Risente della lezione stilistica del maestro, come evidente in quest’opera, dove la geometria tende alla perfezione dei volumi puri, di matrice casoratina. Vi è ritratto un giovinetto nudo su di un pavimento, che regge, nella mano sinistra, un flauto; il quadro è noto per essere stato esposto alla Biennale di Venezia del 1924. Nel 1929 Levi aderisce al Gruppo dei Sei, di cui fanno parte Gigi Chessa, Nicola Galante, Francesco Menzio, Enrico Paulucci e Jessie Boswell, con cui esporrà in diverse città italiane ed europee. Per Carlo Levi, artista, letterato e uomo politico, la pittura è un sistema di conoscenza della realtà e risulta sempre strettamente legata alle sue riflessioni e ai suoi scritti sull’arte, nonché al suo impegno politico. Testo di Michela de Riso
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